“A parte i riferimenti alla regione e, naturalmente, a Genova come porto d’imbarco, nelle storie generali dell’emigrazione e tolti i pochi lavori specifici ma già assai invecchiati (Marenco) o di taglio volutamente parziale […], la rilevanza quantitativa e qualitativa del fenomeno migratorio ligure non ha ancora trovato echi e risonanze adeguate nell’organizzazione consapevole della memoria storica, nella conservazione e nella divulgazione documentaria”1. Scritte esattamente vent’anni fa, queste parole di Antonio Gibelli fotografano con chiarezza la situazione nella quale versava la storiografia dell’emigrazione ligure ancora a metà anni ottanta; quando, cioè, per trovare qualche traccia attendibile del fenomeno occorreva rivolgersi alla sintesi nazionale di Ercole Sori e ai lavori di economia e demografia locale di storici genovesi quali Giovanni Felloni, risalenti ai primi anni sessanta2. Nella sensibilità sviluppata per la questione da Gibelli e dal gruppo di lavoro, che attorno a lui negli anni ottanta si andava costituendo 3, confluirono, da un lato, vari interessi (per l’emigrazione radicale, per la storia della scrittura popolare, per il dibattito degli ambienti armatoriali sull’emigrazione) 4 accumulatisi nel tempo, in ordine sparso, a opera di studiosi legati all’Università di Genova e alla rivista “Movimento operaio e socialista”, e, dall’altro, gli stimoli di una città che, con l’approssimarsi delle celebrazioni colombiane, riscopriva anche questo nodo come parte di quella più ampia dimensione transoceanica che il cinquecentenario riportava perentoriamente all’ordine del giorno5. Tale sensibilità si sarebbe acuita sotto l’impulso dei flussi in arrivo, dapprima nordafricani e poi latinoamericani, che negli stessi anni avrebbero dischiuso una nuova pagina nella storia, comunque già intessuta di dinamiche immigratorie, ma interne, del capoluogo ligure6. Anche se manca a tutt’oggi un’opera di sintesi, capace di abbracciare le numerose acquisizioni accumulate nel frattempo, indubbiamente il “grido di dolore” del 1985 è stato raccolto, come intende dimostrare questa rassegna. Essa fornisce un sintetico profilo del cammino svolto, articolato in cinque filoni: gli “antichi percorsi” precedenti l’emigrazione di massa; il porto di Genova, le compagnie di navigazione e il dibattito sull’emigrazione fra Otto e Novecento; il viaggio e i suoi problemi sanitari e socioculturali; l’emigrazione vista attraverso le lettere dei protagonisti, nell’intreccio fra partenze, ritorni, trasferimenti permanenti; gli insediamenti e le comunità all’estero. Perseguendo tali temi, gli studiosi d’area ligure si sono trovati in alcuni casi a battere strade poco o nulla frequentate, in altri a fornire elementi documentari e interpretativi a dibattiti già in corso: tanto da vedersi poi assegnata la redazione di saggi di sintesi su alcuni di questi temi nella Storia dell’emigrazione italiana curata da Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi ed Emilio Franzina7.
Il primo filone di indagine – che si identifica con Marco Porcella, membro del gruppo costituitosi attorno a Gibelli – concerne le migrazioni precedenti l’età delle statistiche nazionali. Mediante lo scavo negli archivi comunali e familiari appenninici, Porcella ha non solo precisato tratti, già individuati su un piano generale, quali la precocità e continuità nel tempo dei movimenti di popolazione dalla regione, ma ha anche contribuito in modo originale alla discussione, che andava nel frattempo sviluppandosi a livello nazionale e internazionale 8, su cronologia, motivazioni e tipologia delle dinamiche migratorie in una prospettiva di lungo periodo. Gli “antichi percorsi” di girovaghi e montanari dell’entroterra, riscontrati da Porcella già a cavallo fra Sette e Ottocento9, si sono rivelati uno degli anelli “di congiunzione fra emigrazione d’antico regime ed emigrazione cosiddetta di massa, non necessariamente transoceanica” 10; al punto da indurre, sulla scorta di indagini consimili su altre aree montane, a parlare di “un’emigrazione di montagna basata sul modello mediterraneo” 11. In ambito ligure le scoperte di Porcella hanno arricchito e complicato, sottolineando l’iniziativa dei protagonisti e falsificando gli inveterati stereotipi che collocavano su una scala ascendente, di evoluzione culturale e capacità di scelta, le popolazioni dell’entroterra e quelle della costa, il quadro demografico d’insieme che il geografo Gaetano Ferro e la storica Adele Maiello, nell’ambito di un progetto legato alle celebrazioni colombiane, venivano componendo attorno all’esame dei fattori espulsivi12.
Se Porcella ricordava le trascurate dinamiche appenniniche e di qui guardava, con gli occhi di chi ne era stato oggetto, ai dibattiti ottocenteschi sull’emigrazione, altri studiosi hanno puntato più direttamente lo sguardo su quelle stesse polemiche. Ne è emersa, grazie alle ricerche di Francesco Surdich e Mario Enrico Ferrari, una fitta trama di pubblicisti e scienziati (il geografo Bernardino Frescura, gli economisti Gerolamo Boccardo e Jacopo Virgilio), legati in vario modo ai multiformi interessi armatoriali e allo scalo genovese, che fornirono un rilevante contributo alla discussione locale e nazionale sull’emigrazione. 13 Ma, come ha sottolineato Surdich14, tale trama attende ancora di essere esplorata sino in fondo, mediante una più stretta integrazione delle ricerche su emigrazionisti e antiemigrazionisti con quelle sull’universo armatoriale e sul sistema-porto condotte da Elisabetta Tonizzi (cui si deve l’acuto scandaglio dei traffici) 15 e da Augusta Molinari, che ha esplorato la città portuale dal lato economico (traffico migratorio e investimenti dei profitti nei settori emergenti della navalmeccanica e della siderurgia) e soprattutto da quello sociale (ricadute della presenza dei migranti in città e relativi provvedimenti presi dalle autorità e da privati)16. L’integrazione di questi segmenti pare irrinunciabile, se si vogliono inquadrare appieno le migrazioni nella più ampia storia regionale e in quella di Genova – città mondo nell’età della prima globalizzazione17.
Accompagnando i migranti oltre il filo dell’orizzonte, la stessa Molinari ha affiancato all’indagine sul porto una serie di lavori intorno al viaggio, il terzo settore di ricerca della nostra rassegna. Sulla scorta di indagini intorno alle guide e alle esperienze letterarie legate alla traversata transoceanica 18, allargando lo sguardo alle riviste psichiatriche e neurologiche a cavallo fra Otto e Novecento e poi concentrandosi sulla documentazione della Direzione Generale della Sanità Pubblica, Molinari ha composto il primo quadro d’insieme nazionale dei problemi sanitari del fenomeno migratorio e fornito numerosi elementi per una storia complessiva del viaggio così come fu vissuto dalle grandi masse19. Un quadro, questo, che il recente ritrovamento di 12.000 giornali di bordo afferenti allo scalo genovese, conservati presso il locale Archivio di Stato, promette di arricchire notevolmente, con una chiusura del cerchio, che riporta le analisi sulla traversata alla base di partenza e ne fa un prezioso strumento per la ricomposizione dell’intero ciclo della storia dei migranti.
Nella prospettiva di tenere insieme i diversi momenti dell’esperienza di emigrazione attorno a un baricentro documentario che ne rifletta l’accidentato cammino, il laboratorio più proficuo, sinora costruito dalle ricerche d’area ligure, è rappresentato dalle lettere dei migranti: un laboratorio proficuo sia sul piano istituzionale che su quello scientifico. Sul piano istituzionale l’imponente lavoro di raccolta di epistolari, diari, memorie e autobiografie, attinti in gran parte dal serbatoio privato delle famiglie, coordinato da oltre vent’anni da Gibelli, ha trovato espressione e radicamento nell’Archivio Ligure della Scrittura Popolare, una struttura costituita presso l’Università di Genova con intenti di documentazione e ricerca che eccedevano la dimensione migratoria, anche se ne facevano, assieme a quella delle guerre, un osservatorio privilegiato per studiare la produzione di scrittura degli strati popolari20. Sul terreno scientifico, accogliendo e affinando la cospicua tradizione di indagine e riflessione sulle lettere di emigrazione e applicandola alla più ampia gamma delle testimonianze scritte21, Gibelli ha disegnato attorno a questi documenti un “terzo spazio”, fittamente popolato di investimenti emotivi e densa materialità, disteso fra le due sponde della “risorsa America”. Ne escono confermati e ulteriormente elaborati la sovrapposizione fra antichi e più recenti percorsi e fra motivazioni esistenziali, politiche ed economiche, così come la pluralità e gli intrecci di “migrazioni”, diverse per composizione sociale ed estrazione territoriale, in parte individuati da Porcella. Soprattutto ne emergono la forza e la complessità delle strategie e delle reti familiari e di paese e la circolarità dei meccanismi in base ai quali si muovono gli attori, in una tensione costante fra strutture e agency individuale22.
Uno spirito simile, attento alle “ragnatele” che innervano l’esodo e alla dialettica fra sociale e simbolico, percorre il contributo più ricco dell’ultimo, e invero per ora più manchevole, filone, quello degli insediamenti. Si tratta del lavoro sull’America australe di Fernando Devoto, che segue la temporanea ascesa dei liguri nei traffici legati alla navigazione fluviale del Rio de la Plata, la loro evoluzione in campo commerciale e artigianale e la costruzione di identità sospese fra un prevalente tratto di genovesità e l’apertura alla dimensione italiana, peraltro divisa fra appartenenza monarchica e repubblicana23. L’attenzione agli influssi, culturali, tecnici e professionali, delle specifiche aree di provenienza, che campeggia nel lavoro di Devoto, torna anche nell’abbozzo di indagine su una famiglia di venditori di frutta del Connecticut schizzato da chi scrive e nella ricerca, ancora in corso, basata anzitutto su schede dei censimenti e carte locali, di Adele Maiello sull’insediamento californiano, prevalentemente commerciale e agrario, di Stockton24. Più orientato nella direzione degli archivi famigliari è invece il contributo di Federico Croci e Giovanni Bonfiglio, una prima perlustrazione, mediante questo filtro, di quella realtà peruviana alla quale l’idea di un’“anomalia” ligure pare attagliarsi con particolare forza, visto che, all’interno di un fenomeno migratorio di modeste dimensioni complessive, i liguri rappresentano il 70% degli italiani25.
Tre indicazioni conclusive si impongono. La prima è la conferma dell’importanza della scala regionale26, ma anche la necessità di assumerla senza alcuna rigidità, spaziale e identitaria, avendo cura, per un verso, di valicare gli stretti confini amministrativi, alla ricerca di più profonde e fluide forme di “produzione storica dei luoghi” 27, e, per l’altro, di prestare ascolto ai rumori di fondo, alle tensioni o comunque alle asincronie fra centro e periferia, liguri e genovesi, che possono emergere dal lavoro sul campo. La seconda è come, liberata di eccessive pretese definitorie, la prospettiva diasporica trovi in questa scala una feconda sede applicativa. La terza è l’enorme cammino che resta da fare, anche su temi cruciali e pochissimo frequentati come il lavoro organizzato 28 o le dinamiche di genere, prima di nutrire ragionevoli ambizioni di sintesi organica.
Note
1 Antonio Gibelli, Città portuale, città di emigranti: per un archivio dell’emigrazione nell’ambito della città navale, in I Centri-Musei della scienza e della tecnica: una proposta per le celebrazioni colombiane. Seminario-Convegno Genova, 22-23 novembre 1985 Atti, Genova, mimeo, 1987, p. 261. Il libro “datato” al quale Gibelli si riferiva era Maria Grazia Marenco, L’emigrazione ligure nell’economia della nazione, Sampierdarena, Tipografia Don Bosco, 1923.
2 Ercole Sori, L’emigrazione italiana dall’Unità alla seconda guerra mondiale, Bologna, Il Mulino, 1979, p. 63; Giovanni Felloni, Popolazione e sviluppo economico della Liguria nel XIX secolo, Torino, ILTE, 1961, pp. 133-151.
3 Il primo frutto organico di tale lavoro fu la mostra “La via delle Americhe. L’emigrazione ligure tra evento e racconto”, Genova, settembre-dicembre 1989. Nel catalogo dall’omonimo titolo, Genova, Sagep, 1989 (con contributi di Luca Borzani, Maria Giuseppina Cioli, Ferdinando Fasce, Mario Enrico Ferrari, Maria Rosa Mangini, Augusta Molinari, Marco Porcella e Francesco Surdich), Gibelli, col saggio “Fatemi unpo sapere”…Scrittura e fotografia nella corrispondenza degli emigranti liguri, gettava le basi della ricerca sulle lettere dei migranti sulla quale torneremo. Per un approfondimento, la mostra Dal golfo al mondo. Immagini dell’emigrazione spezzina, La Spezia, aprile-maggio 1993, con il catalogo dallo stesso titolo, Sarzana, Grafiche Lunensi, 1993.
4 Augusta Molinari, Luigi Galleani: un anarchico italiano negli Stati Uniti, “Miscellanea storica ligure”, 6, 1-2 (1974), pp. 259-286; Ferdinando Fasce, Un episodio di solidarietà internazionale. “Lotta operaia” e gli Industrial Workers of the World, in Atti del I congresso internazionale di storia americana. Italia e Stati Uniti dall’indipendenza americana ad oggi (1776-1976), Genova, Tilgher, 1978; Francesco Surdich, Il problema dell’emigrazione in un giornale di armatori genovesi: L’Italia all’estero, “Porto e Aeroporto di Genova”, ottobre 1980, pp. 961-964; Mario Enrico Ferrari, Emigrazione e colonie: il giornale genovese “La Borsa” (1865-1894), Genova, Bozzi, 1983.
5 Ferdinando Fasce, Tra due sponde. Lavoro, affari e cultura fra Italia e Stati Uniti nell’età della grande emigrazione, Genova, Graphos, 1993, p. 11. Tra le iniziative colombiane, la mostra citata in n. 3 e il lavoro coordinato da Gaetano Ferro citato in n. 12.
6 Primo rapporto sull’emigrazione a Genova, a cura di Maurizio Ambrosiani, Deborah Erminio e Andrea Ravecca, Genova, Fratelli Frilli, 2004. Sulle migrazioni interne vedi Chito Guala, Processi di acculturazione e migrazioni interne: i figli degli immigrati meridionali e la scuola, Torino, Giappichelli, 1974.
7 Vedi i contributi di Caffarena e Gibelli, Molinari e Porcella nel volume Partenze e di Fasce e Molinari nel volume Arrivi.
8 Matteo Sanfilippo, Problemi di storia dell’emigrazione italiana, Viterbo, Sette Città, 2002, pp. 50-53.
9 Cfr. inoltre Giovanni Salvi, Continuità e cambiamento in una comunità dell’Appennino: Bertassi nei secoli XIX e XX, “Quaderni storici”, 27, 1 (1981), pp. 130-152.
10 Marco Porcella, Dal vagabondaggio all’emigrazione. Dall’Appennino alla East Coast, “Studi emigrazione”, 37, (2000), p. 310. Di Porcella vedi anche La fatica e la Merica, Genova, SAGEP, 1986, e Con arte e con inganno. L’emigrazione girovaga nell’Appennino ligure-emiliano, Genova, SAGEP, 1998.
11 Matteo Sanfilippo, Tipologie dell’emigrazione di massa, in Storia dell’emigrazione italiana, I, Partenze, a cura di Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi ed Emilio Franzina, Roma, Donzelli, 2001, p. 84.
12 Per il lavoro coordinato da Ferro, cfr. Adele Maiello, I genovesi e l’emigrazione: un passato da pionieri, in L’emigrazione nelle Americhe dalla provincia di Genova, a cura di Gaetano Ferro, I, Questioni generali e introduttive, Bologna, Patron, 1990, pp. 11-32. Di Maiello è anche l’abbozzo di ricerca L’emigrazione dal Chiavarese: sue origini e caratteristiche, in Studi in onore del prof. Paolo Emilio Taviani, e II, Diritto, Storia e scienze politiche, Genova, ECIG, 1986, pp. 155-183. Dal punto di vista geografico, oltre a Ferro e a Surdich, Maria Clotilde Giuliani Balestrino, L’emigrazione italiana in America, “Il Veltro”, 31, 3-4 (1987), pp. 301-325.
13 Francesco Surdich, Una geografia per l’espansione commerciale, in Tra i palazzi di via Balbi. Storia della Facoltà di Lettere e Filosofia, Genova, Brigati, 2003, pp. 337-414. Sui quotidiani, Adele Maiello, Ligurian Newspapers and the Myths of Emigration to the Americas, in Through the Looking Glass. Italian and Italian/American images in the media, a cura di Mary Jo Bona e Anthony Julian Tamburri, Chicago, American Italian Historical Association, 1996, pp. 51-70.
14 Francesco Surdich, I problemi dell’emigrazione nella rivista genovese “Il Faro”, portavoce degli interessi degli agenti marittimi (1888-1901), “Miscellanea di Storia delle Esplorazioni”, 29 (2004), pp. 142-160.
15 Maria Elisabetta Tonizzi, Il porto di Genova: 1861-1970, “Memoria e ricerca”, 11 (2002), pp. 23-39 e L’emigrazione e lo sviluppo della marina mercantile: un’ipotesi di lavoro, in I fenomeni migratori dalla provincia di Genova nei secoli XIX e XX. Atti del Convegno Genova, 19 giugno 1987, Genova, Tipografia della Provincia di Genova, 1988, pp. 50-61.
16 Augusta Molinari, Porti, trasporti, compagnie, in Storia dell’emigrazione italiana, I, pp. 237-255.
17 È l’ipotesi di Fasce, Tra due sponde, cit., pp. 95-97.
18 Cecilia Lupi, Qualche consiglio per chi parte: le guide degli emigranti (1855-1927), e Giorgio Bertone, La partenza, il viaggio, la patria. Appunti su letteratura e emigrazione tra Otto e Novecento, “Movimento operaio e socialista”, n. s. 4, 1-2 (1981), rispettivamente pp. 77-90 e 91-108.
19 Augusta Molinari, La salute, in Storia dell’emigrazione italiana, II, Arrivi, a cura di Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi ed Emilio Franzina, Roma, Donzelli, 2002, pp. 377-396.
20 Archivio Ligure della Scrittura Popolare, Catalogo, Genova, Centro Stampa Università di Genova, 1998; Danilo Lercari, La “Patria” e la “Merica”. Epistolari di emigranti liguri, in Storia di gente comune nell’Archivio Ligure della Scrittura Popolare, a cura di Piero Conti, Giuliana Franchini e Antonio Gibelli, Genova, Editrice Impressioni Grafiche, 2002, pp. 55-79. Cfr. anche Dal porto al mondo. Uno sguardo multimediale su Genova e la grande emigrazione, Genova, Centro Internazionale di Studi sull’Emigrazione Italiana, 2004.
21 Antonio Gibelli e Fabio Caffarena, Le lettere degli emigranti, in Storia dell’emigrazione italiana, I, cit., pp. 563-569.
22 Antonio Gibelli, La “risorsa America”, in La Liguria, a cura di Antonio Gibelli e Paride Rugafiori, Torino, Einaudi, 1994 (Storia d’Italia, Le regioni dall’Unità a oggi), pp. 583-650.
23 Fernando Devoto, Liguri nell’America australe: reti sociali, immagini, identità, in La Liguria, cit., pp. 651-688, che incorpora i riferimenti sparsi ai liguri nell’area, su cui cfr. almeno anche Samuel L. Baily, Immigrants in the Land of Promise: Italians in Buenos Aires and New York City, Ithaca, Cornell University Press, 1999, così come sul caso cileno vedi Il contributo italiano allo sviluppo del Cile, a cura di Luigi Favero e altri, Torino, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, 1993.
24 Ferdinando Fasce, Sulle tracce dei liguri in Connecticut, in La via delle Americhe, cit., pp. 77-82; Adele Maiello, Italian Entrepreneurs in the Central Valley of California, in Italian Americans. A Retrospective on the Twentieth Century, a cura di Paola Alessandra Sensi-Isolani e Anthony Julian Tamburri, Chicago, American Italian Historical Association, 1999, pp. 149-166 (per i lavori, di Canepa, Cinel, Di Leonardo, Salvetti e altri, sugli italiani e liguri in California, che lo spazio impedisce di trattare qui, vedi la bibliografia in Storia dell’emigrazione italiana, II, cit, pp. 757-812).
25 Federico Croci e Giovanni Bonfiglio, El baul de la memoria, Lima, Fondo Editorial del Congreso del Perù, 2002.
26 Matteo Sanfilippo, Emigrazione italiana: il dibattito storiografico nel 2003-2004, “Archivio Storico dell’Emigrazione”, 1 (2005), pp. 183-190.
27 Angelo Torre, La produzione storica dei luoghi, “Quaderni storici”, 37, 2 (2002), pp. 443-475.
28 Ferdinando Fasce, Migrazioni italiane e lavoro negli Stati Uniti fra Otto e Novecento. Una nuova stagione di studi?, “Contemporanea”, 7, 1 (2004), pp. 145-153.