di Emilio Franzina e Matteo Sanfilippo
A nessuno dovrebbe sfuggire quanto si senta il bisogno di una rivista italiana che tratti il tema delle migrazioni dal punto di vista storico. Nonostante il lodevole impegno degli altri periodici impegnati nel campo, una prospettiva diacronica e trasversale è infatti venuta a mancare, proprio quando si sono invece moltiplicati i segni d’interessamento diffuso (e confuso) per il nostro argomento grazie ai grandi processi di trasformazione in atto nel mondo e nel nostro paese, così spesso legati alla sempre più intensa mobilità delle persone o addirittura di segmenti interi di popolazione.
La ricerca storica sui movimenti migratori di massa, nonché su quelli che li hanno preceduti durante l’antico regime, è stata confinata sino alla fine del Novecento in una nicchia ed è stata subordinata a logiche interdisciplinari non sempre produttive, per le profonde differenze euristiche e linguistiche fra i singoli settori dei migration studies. Oggi la storia delle migrazioni reclama uno status proprio e soprattutto chiede un rapporto solido con la storiografia politica ed economica, sociale e culturale nel suo insieme. Nei contesti mutati, dei quali si è detto, c’è infatti il rischio che la peculiarità della materia torni a confondersi o a isolarsi in un esclusivismo acefalo e un po’ cieco, dove le dimensioni temporali e le domande sul quando e sul come (per non parlare del dove e del perché) finirebbero ancora una volta per sbiadire e per disperdersi in modo del tutto inconcludente, private di un riscontro e di un confronto con chi tratteggia l’evoluzione storica per vie generali.
Viviamo una stagione in cui giornalisti e divulgatori, scrittori e romanzieri si cimentano, confortati da crescente fortuna quanto meno editoriale, non tanto con questo o quell’aspetto delle dinamiche emigratorie e immigratorie del passato, quanto appunto con le “storie” di vita degli uomini e delle donne che ne hanno incorporato o ancora ne incorporano la ratio. Lo fanno stimolati dalle emergenze del nostro comune presente e vi riescono in virtù di prelievi e di letture che attingono (e attengono) alla ricostruzione storica piuttosto che alla memorialistica e alla memoria. In quest’opera si distinguono narratrici di grande maturità stilistica come Melania G. Mazzucco, vincitrice l’anno scorso del Premio Strega con Vita (Rizzoli 2003), un romanzo ispirato alle vicissitudini di due ragazzi emigrati a New York sull’aprirsi del secolo passato. Vi partecipano brillanti giornalisti come Gian Antonio Stella, autore di un libro compilativo – L’Orda. Quando gli albanesi eravamo noi (Rizzoli 2002) – divenuto subito un best seller e infine vi lavora con costanza uno stuolo di scrittori meno fortunati, di cui potremmo assumere a simbolo Lucilla Gallavresi e il suo L’Argentino (Mursia 2003), una saga emigratoria-familiare che ricorda le imprese paraletterarie di Nella Pasini negli anni Trenta.
Tutti questi autori dichiarano senza più remore e imbarazzi i propri debiti con la storiografia corrente, la quale, a sua volta, appare in crescita persino tumultuosa
visto che ormai annovera ogni anno saggi, articoli e monografie sui più diversi risvolti del fenomeno. Interventi di carattere generale e riepilogativo, numeri speciali di periodici e di riviste, progetti per dar vita a musei dell’emigrazione (o nobilitarli laddove già esistano), convegni e seminari sempre più frequenti e mirati d’ambito universitario o promossi da fondazioni ed istituti di ricerca – non soltanto quelli attivi da molto tempo come la Fondazione Giovanni Agnelli di Torino e il Centro Studi Emigrazione di Roma – rafforzano l’impressione che ci si trovi dinanzi a una svolta non effimera. Inoltre, quel che più conta, i nuovi sviluppi appaiono capaci di svincolare finalmente molti studiosi da un’ibridazione tradizionale e spesso ambigua (latinoamericanisti o nordamericanisti ergo specialisti d’immigrazione, ecc.) per consegnarli a una più matura e proficua collaborazione con i colleghi d’oltralpe o d’oltreoceano.
Un annuario come questo che inauguriamo non può certo offrirsi come unico centro ordinatore di un tale universo d’iniziative e di sforzi, tanto più che essi sono convergenti sì, ma spesso di matrice assai diversa. Tuttavia l’ “Archivio storico dell’emigrazione italiana” non si candida ad essere un semplice e generico spazio di riflessione e di dibattito. Intende invece, sfruttando la congiuntura, proporsi quale luogo di raccolta e di paziente accumulazione di dati per servire a una storia a tutto tondo dei movimenti migratori italiani e di ciò che essi concorsero a creare anche lontano dall’Italia, sempre influenzando la storia interna del nostro paese. È una rivista, dunque, che si vuole di storia e innanzitutto di storia italiana, ma non solo. In molti, infatti, sentiamo il bisogno di raccordare vari aspetti della nostra vicenda nazionale sia nella lunga età moderna e sia nella successiva più breve e più convulsa età contemporanea.
Occorre dunque capire le interazioni e le stratificazioni rispettivamente con i paesi e nei paesi eretti a meta da diverse generazioni di emigranti. Paesani in origine, talvolta ancora cittadini italiani, altre volte muniti di nuove cittadinanze, questi ultimi si sono sempre e comunque interessati a quanto avveniva nell’antica madrepatria e si sono mostrati in grado d’intervenire in diversa forma e misura nei suoi problemi interni. La ricerca si deve dunque misurare non solo con i problemi della modernizzazione e della globalizzazione (prima e seconda e forse persino terza maniera), ovvero della “dispersione” e dei “rimpatri”, ma anche con le sfide poste dalla storia politica, cui intendiamo e vogliamo dedicare una cura speciale come si comincerà a vedere sin da questo primo numero.
L’attenzione rivolta alle cosiddette “comunità italiane all’estero” ci sospinge, però, verso un terreno assai ben presidiato: gli studiosi stranieri, soprattutto nei paesi di lingua inglese, hanno sviluppato un vocabolario (e in qualche caso un metodo) che alle orecchie dei modernisti e dei contemporaneisti italiani ed europei suona a volte ostico e a volte azzardato. Noi non desideriamo affettare alcun disdegno in materia di diaspore e di multiculturalismo, di etnicità e di scambi, di genere e di generazioni,
d’identità e di transnazionalismo, né rigettare a priori terminologie e metodologie non sempre e non solo “alla moda”. Non vogliamo, però, neanche rimanerne troppo condizionati o, peggio, intimiditi. Pensiamo infatti che sia giunto il momento di ricondurre a unità e a concretezza, cioè al confronto serrato con la realtà dell’esistenza di milioni di migranti, le griglie teoriche e di lettura del passato. Rivendichiamo dunque una funzione attiva e propositiva agli storici e a quanti credano nella possibilità di ricostruire in modo attendibile alcuni frammenti significativi di tale passato, o le sue tappe più importanti. A questo scopo proponiamo pertanto un’articolazione del nostro annuario in sezioni che prevedano sia l’individuazione di un problema da “aggredire” sui diversi lati, sia, e soprattutto, il recupero di importanti materiali critici nonché, a ridosso di ciò, la discussione di differenti prospettive. Non solo dunque recensioni (di libri, di audiovisivi, di fiction televisiva e cinematografica, di teatro e di canzoni, di cd-rom e siti web, di archivi e di musei), ma anche interviste ad autori e meditate segnalazioni o edizioni di documenti. Ogni volume sarà così composto da un corpo monografico, correlato a e ampliato da una serie di rubriche che dovrebbero permettere di illuminare meglio particolari aspetti della vicenda migratoria e del relativo dibattito storiografico.
Forse non è molto e certamente non basterà, sulle prime, a soddisfare tutte le aspettative d’innovazione nostre ed altrui. Quello in cui ci muoviamo è infatti un campo al tempo stesso già dissodato e tuttavia percorso da un numero crescente di ricercatori agguerriti e d’interpreti a tratti perfino sofisticati: è quindi bisognoso di essere di volta in volta ripensato con scrupolo e con estrema circospezione. Confidiamo comunque che la nostra rivista possa fornire, “col tempo”, almeno alcuni strumenti di vero e non fittizio o epidermico ampliamento delle conoscenze su risvolti e contorni, oggi più che mai al centro dei dibattiti fra specialisti delle migrazioni, delle politiche pubbliche e infine delle esistenze private, se così si possono definire fuor di retorica le vicende di milioni di uomini e donne in movimento da un punto all’altro del pianeta.