Diciamo la verità. Noi italiani che viviamo in Germania eravamo convinti che soltanto una minoranza dei circa 650 mila italiani qui residenti avrebbe votato. Prima ancora che ci giungessero a casa i plichi con le schede elettorali, ci venivano in mente le percentuali ridicole (meno del 10%) della partecipazione a scadenze importanti come le consultazioni amministrative comunali tedesche, alle quali noi stranieri comunitari siamo ammessi, oppure le cifre ancora più basse del voto per eleggere i Comitati consultivi degli stranieri (organismi a livello locale). Tutte esperienze diventate lo specchio di un disinteresse sconcertante e pericoloso dei nostri connazionali.
Un altro “dubbio” della vigilia era la domanda: a cosa serve avere una rappresentanza al Parlamento di Roma, quando non ne abbiamo una a Berlino? Al Bundestag la comunità turca ha cinque rappresentanti, quella italiana zero. Gli italiani sono arrivati in Germania, con in mano i primi contratti di lavoro per l’industria e l’agricoltura tedesche, ben cinquanta anni fa e le condizioni della loro vita vengono dettate dalla politica tedesca, non da quella italiana.
Poi il 10 aprile è arrivato il clamoroso risultato: partecipazione degli italiani in Germania 35,8 per cento, valore del nostro voto: decisivo!
Improvvisamente abbiamo capito di avere ancora un ruolo in Italia, non perché abbiamo in tasca ancora il passaporto italiano, ma perché contribuiamo con tutti gli altri italiani nel mondo ad inviare diciotto parlamentari al Palazzo e perché forse un possibile futuro nostro “risveglio” politico qui in Germania, potrebbe passare per tale nuova esperienza.
Di colpo, noi che viviamo in Germania e da sempre soffriamo del fatto di essere stati visti come cittadini di seconda classe, in patria e all’estero, abbiamo ottenuto una visibilità che non abbiamo mai conosciuto, nemmeno negli anni in cui le nostre rimesse di denaro erano la sola voce in attivo del bilancio statale italiano e nemmeno dopo, quando abbiamo cominciato a diventare degli eccellenti ambasciatori del nostro paese e dei suoi prodotti nel mondo.
Accanto a tutti questi dati positivi gli italiani in Germania registrano una sconfitta. Siamo la comunità più numerosa in Europa, ma nessuno degli otto, tra deputati e senatori che sono stati assegnati alla circoscrizione Europa, viene dalla Germania.
A ben pensarci non ne siamo stupiti. La nostra qui è una comunità disgregata, che parla ancora seriamente di “ritorno a casa”, che registra il più alto insuccesso scolastico e le più alte percentuali di disoccupazione.
Bene, forse potremo ripartire da questo voto che in Germania e all’estero ci ha scosso dal nostro torpore, dalla rassegnazione in cui ci stavamo adagiando.
Infine un’ultima osservazione. Anche gli italiani in Germania hanno preferito il Centro sinistra. Su di noi non ha fatto colpo il sentimentalismo patriottico di Tremaglia, né il dinamismo dei giovani leoni di Forza Italia, né i messaggi che ci pensavano ancora con la valigia di cartone dentro l’armadio. E nemmeno abbiamo votato sotto la pressione di una campagne elettorale pesante e invadente.
Ci è mancata però un’informazione sufficiente – e questo spiega anche perché siamo stati tra i gruppi nazionali che meno hanno espresso preferenze per i candidati – perché in Germania non abbiamo organi di stampa in lingua italiana a livello nazionale. Anche la diffusione della nostra trasmissione “Radio Colonia – I fatti del giorno”, che va in onda quotidianamente e che prima della riunificazione tedesca copriva tutto il territorio nazionale, da alcuni anni è ridotta alle regioni del centro-nord-ovest del paese. La nostra è un’emittente pubblica. Non è mai venuta meno al compito di produrre trasmissioni per gli immigrati. In Germania il sistema radio-televisivo pubblico è di competenza delle regioni, i Länder. Dopo l’unificazione, per ragioni che qui sarebbe troppo lungo spiegare, la nostra trasmissione viene ripresa e trasmessa soltanto dalle regioni del centro-nord-ovest.
Il resto della stampa italiana pubblicata in Germania è costituita da piccoli fogli o giornali locali, editi da associazioni, missioni cattoliche, settori commerciali, ecc., e il giornale a diffusione nazionale delle Missioni cattoliche italiane in Germania è un mensile.
Auguriamoci che il prossimo obiettivo della nostra comunità sia proprio questo: potenziare l’informazione in italiano pubblicata in Germania.
Un altro “dubbio” della vigilia era la domanda: a cosa serve avere una rappresentanza al Parlamento di Roma, quando non ne abbiamo una a Berlino? Al Bundestag la comunità turca ha cinque rappresentanti, quella italiana zero. Gli italiani sono arrivati in Germania, con in mano i primi contratti di lavoro per l’industria e l’agricoltura tedesche, ben cinquanta anni fa e le condizioni della loro vita vengono dettate dalla politica tedesca, non da quella italiana.
Poi il 10 aprile è arrivato il clamoroso risultato: partecipazione degli italiani in Germania 35,8 per cento, valore del nostro voto: decisivo!
Improvvisamente abbiamo capito di avere ancora un ruolo in Italia, non perché abbiamo in tasca ancora il passaporto italiano, ma perché contribuiamo con tutti gli altri italiani nel mondo ad inviare diciotto parlamentari al Palazzo e perché forse un possibile futuro nostro “risveglio” politico qui in Germania, potrebbe passare per tale nuova esperienza.
Di colpo, noi che viviamo in Germania e da sempre soffriamo del fatto di essere stati visti come cittadini di seconda classe, in patria e all’estero, abbiamo ottenuto una visibilità che non abbiamo mai conosciuto, nemmeno negli anni in cui le nostre rimesse di denaro erano la sola voce in attivo del bilancio statale italiano e nemmeno dopo, quando abbiamo cominciato a diventare degli eccellenti ambasciatori del nostro paese e dei suoi prodotti nel mondo.
Accanto a tutti questi dati positivi gli italiani in Germania registrano una sconfitta. Siamo la comunità più numerosa in Europa, ma nessuno degli otto, tra deputati e senatori che sono stati assegnati alla circoscrizione Europa, viene dalla Germania.
A ben pensarci non ne siamo stupiti. La nostra qui è una comunità disgregata, che parla ancora seriamente di “ritorno a casa”, che registra il più alto insuccesso scolastico e le più alte percentuali di disoccupazione.
Bene, forse potremo ripartire da questo voto che in Germania e all’estero ci ha scosso dal nostro torpore, dalla rassegnazione in cui ci stavamo adagiando.
Infine un’ultima osservazione. Anche gli italiani in Germania hanno preferito il Centro sinistra. Su di noi non ha fatto colpo il sentimentalismo patriottico di Tremaglia, né il dinamismo dei giovani leoni di Forza Italia, né i messaggi che ci pensavano ancora con la valigia di cartone dentro l’armadio. E nemmeno abbiamo votato sotto la pressione di una campagne elettorale pesante e invadente.
Ci è mancata però un’informazione sufficiente – e questo spiega anche perché siamo stati tra i gruppi nazionali che meno hanno espresso preferenze per i candidati – perché in Germania non abbiamo organi di stampa in lingua italiana a livello nazionale. Anche la diffusione della nostra trasmissione “Radio Colonia – I fatti del giorno”, che va in onda quotidianamente e che prima della riunificazione tedesca copriva tutto il territorio nazionale, da alcuni anni è ridotta alle regioni del centro-nord-ovest del paese. La nostra è un’emittente pubblica. Non è mai venuta meno al compito di produrre trasmissioni per gli immigrati. In Germania il sistema radio-televisivo pubblico è di competenza delle regioni, i Länder. Dopo l’unificazione, per ragioni che qui sarebbe troppo lungo spiegare, la nostra trasmissione viene ripresa e trasmessa soltanto dalle regioni del centro-nord-ovest.
Il resto della stampa italiana pubblicata in Germania è costituita da piccoli fogli o giornali locali, editi da associazioni, missioni cattoliche, settori commerciali, ecc., e il giornale a diffusione nazionale delle Missioni cattoliche italiane in Germania è un mensile.
Auguriamoci che il prossimo obiettivo della nostra comunità sia proprio questo: potenziare l’informazione in italiano pubblicata in Germania.