Nel 2005 l’Istituto di Studi Storici Gaetano Salvemini di Messina ha riedito L’emigrazione dalla Calabria di Giuseppe Scalise, una tesi di laurea sostenuta presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Napoli nel luglio 1904 e pubblicata l’anno seguente, sempre a Napoli per i tipi di Luigi Pierro Editore. Si tratta di uno studio di grande finezza, demografico-economico ma con notevoli aperture sociologiche, che anticipa molte conclusioni successive. Scalise non soltanto inquadra il fenomeno migratorio nella storia e nella geografia della regione, ma intuisce elementi importanti quali la vanità della divisione tra emigrazione temporanea ed emigrazione permanente (cui propone di sostituire quella tra emigrazione europea e non europea) e l’impossibilità che a partire siano gli elementi più poveri. A proposito di quest’ultimo tema sottolinea come l’emigrazione calabrese sia un fenomeno rurale non a causa della pretesa povertà, ma perché sono i piccoli proprietari a poter investire in un’avventura che, se ben condotta, può loro permettere di espandere le proprie proprietà. Tra l’altro Scalise insiste proprio sull’elemento avventuroso e nota come il fenomeno migratorio possa dividersi in Calabria in due momenti, uno preparatorio che definisce “periodo convulso, febbrile, impulsivo, avventuriero quasi” e uno più calcolato ed economicamente produttivo, e conclude: “nel primo lo stimolo è più psicologico ed avventuroso, nel secondo sarà economico e colonizzatore”.
La ristampa di Scalise è curata da Giuseppe Masi, direttore dell’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, coordinatore della “Rivista calabrese di storia del ‘900”, organo dello stesso Istituto. Masi, cultore della materia, svolge attività d’insegnamento di storia contemporanea presso la facoltà di Economia dell’Università della Calabria.
Masi è un esperto di emigrazione e storia contemporanea calabresi. Già nel 1986 ha infatti dedicato un importante lavoro ai Movimenti migratori in Calabria nel periodo fascista (“Storia Contemporanea”, nr. 1, pp. 67-86) e sul tema ha scritto un’efficacissima sintesi (Tra spirito d’avventura e ricerca “dell’agognato peculio”: linee di tendenza dell’emigrazione calabrese tra Otto e Novecento, “Giornale di storia contemporanea”, III, 2, 2000, pp. 93-108). Inoltre ha approfondito la dinamica politica della regione (Socialismo e socialisti di Calabria 1861-1914, Salerno-Catanzaro, Società Editrice Meridionale, 1981; Socialismo e amministrazione nella Calabria contemporanea, Napoli, Guida Editori, Napoli, 1987; Mezzogiorno e Stato nell’opera di Fausto Gullo, Cosenza, Edizioni Orizzonti Meridionali, 1998) e ha avviato una proficua scelta di ristampe (Olindo Malagodi, Calabria desolata, anastatica dell’edizione del 1905, Messina, Istituto di studi storici Gaetano Salvemini, 2001).
A Masi abbiamo posto alcune domande sul volume di Scalise e in primo luogo abbiamo chiesto notizie su quest’ultimo e sulla sua successiva opera:
Giuseppe Scalise, dopo il conseguimento della laurea, s’è dedicato all’esercizio della professione forense che ha svolto a Roma. In tema di emigrazione non si ha notizia di altri suoi scritti.
Gli abbiamo inoltre chiesto di presentarci il modello che Scalise propone dell’emigrazione calabrese:
Venendo alla domanda, il modello è economicamente positivo: l’esodo verso le Americhe ha costituito non solo un rimedio alla arretratezza e alla depressione della regione, ma ha determinato anche, nelle zone a più alta densità migratoria, effetti benefici destinati e riverberarsi sullo stesso piano della maturazione etico-civica dei calabresi. Lo studioso, utilizzando una vasta mole di dati statistici e rifuggendo dai toni sterilmente lamentosi, si confronta con acribia ed obiettività con gli immani problemi socioeconomici della Calabria, inserendosi nella più aggiornata letteratura meridionalistica.
Infine gli abbiamo domandato cosa pensa dei rapporti che Scalise enuclea tra emigrazione e tasso di delinquenza e della sua polemica contro Lombroso:
Lo Scalise confuta ampiamente le affermazioni “spropositate” del Lombroso, il quale ripubblica, dopo più di trent’anni, un suo lavoro In Calabria, senza tener conto dei progressi che nel frattempo sono intervenuti nella regione. Lo studioso calabrese, comparando le diverse statistiche, dimostra, viceversa, che nel periodo tra il biennio 1885-86 e il 1896-1900 gli omicidi, per esemplificare, in Calabria sono diminuiti del 41,83 per cento (su scala nazionale del 30,32%). Tale dato colloca la regione al quinto posto tra quelle meno interessate dall’inquietante fenomeno. Lo Scalise conclude queste sue asserzioni ritenendo l’emigrazione in massima parte la causa di questa diminuzione e a tal proposito porta l’esempio della provincia di Cosenza, che ha quasi sempre presentato il maggiore tasso di partenze verso i paesi transoceanici, come il circondario in cui più sensibile è stato il calo della casistica delle morti violente .