Il 15 maggio scorso si è tenuto presso il CSER di Via Dandolo l’incontro di “letturE dialoghi” dedicato alle politiche migratorie italiane. Occasione è stata la recente pubblicazione di due studi di argomento affine, (Michele Colucci, Lavoro in movimento. L’emigrazione italiana in Europa (1945-57), Roma, Donzelli editore, 2008; Luca Einaudi, Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità ad oggi, Roma-Bari, Laterza 2007) ma differenti per ottica disciplinare e per il periodo considerato.
Il quadro dell’attualità centrato sul tema “immigrati-sicurezza” ha offerto lo spunto per alcune considerazioni con cui P. Lorenzo Prencipe, Presidente del CSER ha aperto il pomeriggio. Si tratta in primo luogo di tener conto del divario spesso elevato esistente tra realtà e percezione dei fatti, come ampiamente dimostrato da sondaggi recenti sul tema della sicurezza: divario che compromette l’efficacia delle soluzioni e che dovrebbe essere tenuto nel debito conto. Di fronte al crescente numero di persone disposte a partire e ad una disponibilità all’accoglienza sempre più limitata, sono necessarie politiche migratorie mirate, che adottino “un approccio integrato e non la repressione poliziesca”.
Il prof. Enrico Pugliese, nel ricordare l‘attività ultraquarantennale del CSER nello studio delle migrazioni, ha ribadito che lo studio dell’emigrazione resta uno strumento efficace per comprendere l’immigrazione. Quelle di “emigrato” e “immigrato” sono categorie che differiscono solo per l’ottica con cui si guarda ad una stessa persona, a seconda che la si consideri rispetto al paese di partenza o di arrivo. Ricordando gli anni in cui “gli albanesi eravamo noi”: in Germania, in Francia, in Belgio … Pugliese ha richiamato l’attenzione su un tema che non trova forse sufficiente considerazione: quello delle seconde e terze generazioni che stanno crescendo e che sono portatrici di elementi di novità.
Il quadro storico-sociale in cui è maturata l’emigrazione di massa del secondo dopoguerra è stato presentato da Michele Colucci, autore di uno studio tanto accurato quanto utile a riempire un vuoto storico. Colucci ha concentrato la sua attenzione sul periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale alla firma dei Trattati di Roma, ricostruendo analiticamente la gestione strumentale e contraddittoria che dei flussi in uscita venne fatta dai governi di allora. Ricordando come l’Italia si trovasse di fronte ad un fenomeno destabilizzante come la disoccupazione di massa, Colucci denuncia “l’idea distorta che vede nei processi migratori solo un modo funzionale alla soluzione di problemi di politica interna ed estera”, sottolineando invece la necessità di recuperare un approccio integrato nell’analisi politica ed economica per ev itare semplificazioni discorsive.
Diversa l’ottica con cui Luca Einaudi ha affrontato il tema delle politiche nazionali di accoglienza delle migrazioni, considerate lungo un arco storico assai ampio, che va dall’Unità al 2006. Nel suo studio Einaudi ha ricostruito dettagliatamente gli strumenti adottati dai governi per affrontare un fenomeno dapprima poco avvertito ma cresciuto rapidamente e fronteggiato in gran parte ricorrendo allo strumento della regolarizzazione. Varie sono le richieste e le pressioni cui le politiche si trovano a dover rispondere: i flussi in ingresso da un lato, le esigenze del mercato del lavoro e dell’economia dall’altro e, su un altro fronte, la percezione dell’insicurezza che percorre l’opinione pubblica e che tocca il delicato tema dell’identità.
La domanda che Ferruccio Pastore, vicedirettore del CeSPI, ha rilanciato nel suo intervento ha inteso guardare alle prospettive future: come costruire una politica migratoria razionale? Pastore ha notato l’importanza di coniugare conoscenza scientifica e pratiche politiche: un binomio che può vantare già qualche successo, ma che attende di consolidarsi. Anche negli studi, oltre che nelle politiche non mancano gli ambiti da esplorare: in un orizzonte internazionale ancora scarsi sono le conoscenze delle politiche dei paesi di partenza degli immigrati così come gli studi sul transnazionalismo. In questo modo Pastore ha ricordato come i movimenti migratori siano oggi un fenomeno da trattare non solo in un’ottica nazionale che rischia il riflusso in conati nazionalistici cui nessuno si augura di dover assistere.
(Mariella Guidotti – CSER )