La mostra ricostruisce il percorso di un mestiere, quello dei mastri d’ascia e dei lavoratori del settore navale, che ha avuto uno dei suoi nuclei più consistenti e significativi nel paese d’origine della maggior parte dei soci della cooperativa: Limite sull’Arno, località tra Firenze e Pisa, che già in epoca medicea fu “il paese dei navicellari” ed è oggi la sede di un piccolo museo del lavoro navale allestito presso la locale Società canottieri, la più antica d’Italia. Da Limite sull’Arno, come da tanti altri paesi – dove la qualità del mestiere si legava a quella municipale – alla fine degli anni venti alcuni lavoratori si trasferirono sul litorale romano dapprima temporaneamente, poi in modo più stanziale, presso i cantieri di costruzione degli idrovolanti che avevano sede all’Idroscalo. La forte specializzazione del lavoro navale, come per molti altri mestieri artigiani, richiedeva infatti quella forte mobilità territoriale che è stata messa in rilievo dagli studi sull’Europa preindustriale e sulla grande emigrazione.
Per questi contenuti la mostra si colloca nel solco di quelle ricerche sull’esportazione delle competenze professionali dei mestieri qualificati che, come è ben noto, negli ultimi anni hanno avuto sviluppo in differenti realtà regionali italiane grazie alla promozione di numerose istituzioni pubbliche e private. Volte soprattutto all’analisi degli itinerari all’estero, tali analisi hanno avuto il merito di suscitare nel panorama scientifico internazionale una notevole attenzione sul contributo del lavoro italiano all’economia di molti paesi stranieri e sono serviti a ridefinire i contenuti del dibattito sulle migrazioni italiane. Tuttavia – proprio perché si sono concentrati in massima parte sulle trasformazioni delle migrazioni di mestiere nel corso della grande emigrazione, e sui percorsi del lavoro nei mercati internazionali – tali studi hanno lasciato sullo sfondo l’importante capitolo delle migrazioni interne e, con queste, il contributo del lavoro migrante allo sviluppo dell’economia di certe realtà territoriali italiane.
La mostra sulla cooperativa dell’Idroscalo di Ostia offre quindi un contributo allo sviluppo di nuove indagini su questi temi e dà altri spunti agli studi sul movimento cooperativo, puntando alla valorizzazione del mestiere come elemento di coesione e di associazione. La costituzione di catene migratorie professionali e territoriali, come è altrettanto noto, fu all’origine di molte attività imprenditoriali all’estero. Nel caso della CCN, invece, la catena professionale ha dato origine a una società cooperativa in Italia, in un’area come il litorale romano, caratterizzata quasi esclusivamente dal lavoro stagionale negli stabilimenti balneari, o nella ristorazione, sulla quale la guerra aveva distrutto le altre fonti di produzione economica e di occupazione. In questa situazione, prima dello sviluppo del polo aeroportuale di Fiumicino, la CNN è stata una delle poche risorse economiche locali, assieme alla Breda, l’industria meccanica oggi diventata la sede di Cineland e ben visibile a quanti raggiungono l’aeroporto di Fiumicino costeggiando la splendida area archeologica di Ostia antica. Nei pur difficili anni postbellici la cooperativa si aggiudicò infatti numerose commesse pubbliche, partecipando a gare indette dal Ministero della Marina, dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri, costruendo motoscafi d’altomare, motovedette, mezzi di inserimento siluri e altro. Negli stessi anni realizzò inoltre grandi pescherecci, yacht e traghetti passeggeri su richiesta di committenti privati italiani – titolari di industrie di trasformazione alimentare, notissimi costruttori edili e industriali – o stranieri – come gli emiri del Kuwait e i dipartimenti marittimi francesi – e costruì navi storiche per film italiani e stranieri.
Il percorso espositivo, che si snoda lungo un asse diacronico-tematico di dodici pannelli, parte dall’illustrazione del contesto lavorativo di partenza, del lavoro presso il “mitico” cantiere Picchiotti – importante sede di apprendistato per i mastri d’ascia locali – del tempo libero presso la Società canottieri che – nata nel 1861– è stata a sua volta un laboratorio di esercitazione professionale e di elaborazione dell’identità del
lavoro dei carpentieri navali. Segue il pannello dedicato all’Idroscalo di Ostia – che non solo negli anni Trenta fu la più importante area aeroportuale per i collegamenti internazionali dal Mediterraneo e fu teatro delle mitiche imprese aviatorie di De Pinedo e Balbo – ma ospitò le più importanti società di costruzione di aerei e idrovolanti, come la SAM, la SAIMAN e l’Alalittoria. In sequenza si snodano poi i pannelli dedicati alla nascita della cooperativa, alle diverse fasi di costruzione degli scafi e delle parti meccaniche, alle commesse pubbliche, a quelle private, alle navi per il cinema, alla vita sociale e ai cerimoniali dei vari, alla trasformazione nella nuova società.
Paola Corti, già professore ordinario di Storia contemporanea presso l’Università di Torino, fa parte dei comitati scientifici di varie istituzioni internazionali per lo studio delle migrazioni e delle seguenti riviste: «Altreitalie», «Archivio storico dell’emigrazione italiana», «Studi Emigrazione», «Studi di museologia agraria». Tra i suoi scritti degli ultimi anni: Migrazioni. Annale 24. Storia d’Italia, Einaudi, 2009 (con Sanfilippo); Storia delle migrazioni internazionali, Laterza 2010 (IV ed); Emigranti e immigrati nelle rappresentazioni di fotografi e fotogiornalisti, Editoriale umbra, 2010; L’Italia e le migrazioni, Laterza, 2012 (con Sanfilippo); Temi e problemi di storia delle migrazioni italiane, Sette Città, 2013.