Giovanni Pizzorusso
Religione cattolica, nazionalità, emigrazione italiana verso gli Stati Uniti in una lettera a Giovanni Battista Scalabrini del 1891
Quando un ricercatore, scorrendo un registro di copie di lettere – un’ininterrotta sequenza di documenti messi l’uno dietro l’altro che mette a dura prova la sua capacità di resistenza – s’imbatte in una frase, evidenziata dal grassetto e dai caratteri inconsuetamente grandi, che recita: “Questa lettera non va protocollata”, non può non essere sollecitato a leggerla con attenzione. Quando poi la lettera è scritta dal cardinale prefetto della Congregazione “de Propaganda Fide”, Giovanni Simeoni, al vescovo di Piacenza Giovanni Battista Scalabrini, il fondatore della Congregazione dei Missionari di San Carlo per gli emigrati, il suddetto ricercatore, che per anni ha schedato documenti sull’emigrazione italiana negli archivi della Santa Sede1, non può fare a meno di chiedersi quale sia la particolarità e l’importanza della lettera che ha di fronte. Pubblicandola in questa sede non si vuole esibire una trouvaille archivistica prima ignota. I depositi che conservano la corrispondenza di Scalabrini potranno forse riconsegnarci l’originale. Quello che ci è parso importante è il nodo concettuale della lettera che costituisce una chiave per inquadrare l’interesse della Chiesa nell’assistenza agli emigrati e per valutare una delle principali caratteristiche dell’esperienza italiana in questo fenomeno che interessa numerose popolazioni cattoliche (dagli irlandesi ai tedeschi, dai ruteni ai boemi e agli ungheresi) tra Otto e Novecento.