E’ in uscita il Quaderno ASEI n°5
UNA PARABOLA MIGRATORIA
Fisionomie e percorsi delle collettività italiane in Africa
Daniele Natili
Da un punto di vista esclusivamente quantitativo l’emigrazione italiana in Africa, se paragonata a quella diretta oltreoceano e nel resto d’Europa, costituisce un fatto marginale. Nel periodo del “grande esodo”, tra il 1876 ed il 1915, quando espatriarono circa 14 milioni di italiani, il 54,5% si diresse in America, il 44% in Europa e solo l’1,5%, pari a 237.966 persone, in Africa; tra il 1916 ed il 1942 la percentuale di coloro che emigrarono nel continente africano raddoppiò, corrispondendo però solo a 133.324 persone, a fronte di un numero di espatri di poco superiore ai 4 milioni, mentre il 51,5% si trasferì nel resto d’Europa ed il 44% nelle Americhe. Infine, tra il 1946 ed il 1976, quando dalla penisola se ne andarono quasi 7 milioni e mezzo di italiani, il 68,5% si recò in Europa, il 25% in America e solo l’1%, pari a 88.852 persone, in Africa.
Pur costituendo un fenomeno quantitativamente minore, tuttavia – come ha recentemente sostenuto Patrizia Audenino a proposito dell’emigrazione diretta verso la costa meridionale del Mediterraneo, ma il discorso, come vedremo, può essere esteso anche ad altre regioni del continente africano – queste correnti migratorie presentano “tutte le caratteristiche che hanno giustificato l’attenzione per altri fenomeni analoghi: la lunga durata, l’osmosi culturale, la creazione di insediamenti complessi e duraturi caratterizzati da diversificazione sociale e da intensi rapporti di vicinato con la società ospite, nonché, non mancheremo di notarlo, molto attivi dal punto di vista economico. Nonostante queste caratteristiche che ne fanno un oggetto di studio decisamente interessante, salvo alcuni recenti e validi contributi, gli storici hanno prestato scarsa attenzione all’emigrazione (e alla presenza migratoria) italiana in Africa.