La Società “Dante Alighieri” era nata a Roma nel 1889, con lo scopo prioritario, inscritto nel primo articolo del suo statuto, di “tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiane fuori del Regno”, anche, ma non solo, attraverso le scuole italiane all’estero. Impegno scolastico quindi, ma anche impegno a diffondere la “cultura della Patria”, che doveva difendere un’identità nazionale minacciata all’estero dai rischi di “snazionalizzazione” che correvano gli italiani emigrati e principalmente i loro figli, in una fase di forte aumento dei flussi migratori dalla penisola1.
Lo scopo era anche quello di rafforzare l’identità italiana all’interno del paese, con un impegno nazionale di tipo pedagogico finalizzato a “fare gli italiani” e, con un più o meno esplicito intento irredentista, a completare l’unità d’Italia, facendo leva sul mito fondativo del Risorgimento. L’associazione, che poteva contare tra i suoi dirigenti un’élite postrisorgimentale composta di nomi illustri, tra i quali Pasquale Villari, Paolo Boselli, Bonaldo Stringher, Luigi Bodio, Giuseppe Cesare Abba, Benedetto Croce, Antonio Fogazzaro, Ernesto Nathan, si definiva sia all’interno che all’estero come apolitica, con un progetto nazionale che voleva porsi al di sopra dei conflitti politici, localistici, personali più o meno presenti in ogni comunità di italiani all’estero.
Il 1911 è anche l’anno in cui si riunì a Roma il II congresso degli italiani all’estero, organizzato dall’Istituto Coloniale Italiano2. Tra gli scopi del congresso c’era quello di creare un legame permanente tra madre patria e connazionali all’estero: in esso la Dante risulterà, come vedremo, molto presente e attiva. Non era la prima iniziativa in questa direzione: nell’ottobre 1906, in occasione dell’Esposizione internazionale di Milano, si era tenuta una mostra degli italiani all’estero. Nell’ottobre 1908 si era tenuto a Roma il I congresso degli italiani all’estero, organizzato anch’esso dall’Istituto Coloniale, in cui emersero i primi problemi di concorrenza tra l’Istituto e la Dante, che ne rivendicava il successo, la primogenitura e sottolineava una rigida divisione di compiti e competenze tra le due associazioni.
Dal 27 al 30 marzo 1911 a Filadelfia si era tenuto il I congresso degli italiani negli Stati Uniti, organizzato anch’esso dall’Istituto Coloniale, in preparazione del II congresso degli italiani all’estero che si sarebbe tenuto a Roma nel giugno dello stesso anno. Da esso risultò costituita l’Alleanza Italo-americana, “col fine di raccogliere e disciplinare nell’interesse morale e materiale degli Italiani e dell’italianità in America, le forze sparse delle Società italiane negli Stati Uniti”. Anche se organizzato dall’Istituto Coloniale, il congresso auspicò una capillarizzazione dei comitati della Dante in ogni centro italiano degli Stati Uniti e una loro riunificazione in federazione3.
Contestualmente al II congresso degli Italiani all’estero del giugno 1911, venne organizzata a Torino una mostra degli italiani all’estero: la Dante fu coinvolta nell’iniziativa, che andò quasi fallita per mancanza di adesioni, specie dall’estero. Lo scarso successo della mostra scatenò alcune polemiche non del tutto chiare all’interno della Dante: la mostra, organizzata dal prof. Frescura, delegato speciale del consiglio centrale della Dante, non riuscì nel suo intento non solo per un difetto di adesioni, ma anche per non meglio specificate “altre difficoltà”, pur presentandosi “suggestiva ed interessante”, oltre che “costituire un’efficace propaganda per la Società nostra”4. La critica che verrà rivolta in seguito al comitato di Torino nella relazione del consiglio centrale al XXII congresso di Roma nel settembre 1911, al di là del linguaggio diplomatico e criptico, sembra dura: “il comitato di Torino quest’anno, per vicende non sempre liete, non ha dato quanto, anche in omaggio alla fausta ricorrenza, sembrava lecito sperare”5. La questione ebbe poi uno strascico durante lo svolgimento delle sedute del congresso stesso: il socio Caldi, a nome del consiglio direttivo del comitato di Torino, “si duole di trovare nella relazione del consiglio centrale” la citata critica. Arturo Galanti, consigliere della Dante, pur non rinnegando le critiche, accennava a una mancanza di “unanimità di consensi” nel comitato di Torino “che è bene nella Dante non abbia mai a mancare”, e concludeva “augurandosi che il comitato di Torino voglia riconoscere che se la Relazione è stata per esso fiacca di lode, la colpa è un po’ sua e spera che il congresso dichiari dopo ciò chiuso l’incidente”6.
Ancora del caso si tornerà a parlare nella relazione del consiglio centrale al XXIII congresso (Catania, ottobre 1912): nell’occasione si farà cenno alla mostra degli Italiani all’estero di Torino dell’anno prima, motivando e giustificando, non senza qualche imbarazzo, la mancata partecipazione del consiglio centrale alla mostra stessa: “Il Consiglio, quantunque conoscesse l’alto significato della Mostra degli Italiani all’estero in Torino, non credé di parteciparvi ufficialmente, sia perchè la Mostra stessa veniva a poca distanza da quella di Milano, e sia perchè, a volervi intervenire in modo degno, sarebbero occorsi mezzi troppo onerosi per il nostro bilancio”7.
In occasione del II congresso degli italiani all’estero, organizzato a Roma dall’Istituto Coloniale dall’11 al 20 giugno 1911, a causa della rivalità tra le due istituzioni, Arturo Galanti, del consiglio centrale della Dante, non nascondeva una certa acrimonia, coperta da diplomatica cortesia, verso l’Istituto, nei confronti del quale e delle altre associazioni consimili, ribadiva una scontata “superiorità”. Non si trattava solo di una ovvia primogenitura della Dante in senso cronologico, visto che l’Istituto Coloniale era nato “solo” nel 1906, ma anche di un’attività, quella di quest’ultimo, che poteva al massimo “integra[re] e completa[re] l’opera della Dante”8. Una chiara divisione dei compiti tra le due associazioni diventava necessaria e urgente: Galanti riconosceva, proprio allo scopo di sottolinearne i confini, la rispettiva specificità dei campi, limitando a quello economico l’azione dell’Istituto Coloniale:
può e deve trattare e possibilmente risolvere molte questioni concernenti la nostra emigrazione e le nostre Colonie, che la Dante Alighieri ebbe il merito di delibare o additare nei suoi Congressi dal 1890 in poi, senza pretendere di trattarle a fondo o di risolverle pienamente, perché tali propositi l’avrebbero distornata da quello che è il suo compito fondamentale, quale risulta dal suo statuto e dal titolo di ‘Società Nazionale per la tutela e la diffusione della lingua e della cultura italiana fuori del Regno’9.
Dopo le lodi di rito per l’utilissima iniziativa giunta al suo secondo appuntamento, Galanti accusava l’Istituto di avere nel suo congresso messo in atto una “azione invadente” e una “sovrapposizione della sua iniziativa all’altrui”, aggiungendo senza eccessiva diplomazia, che ai grossi problemi sollevati dal congresso l’Istituto non avrebbe mai potuto rispondere con le sue sole forze, “tanto sono ancora scarse e insufficienti”10. Il consigliere rivendicava poi una maggiore notorietà e prestigio della Dante, peraltro riconosciuta al congresso degli italiani all’estero, tra le istituzioni congeneri: “Fra le associazioni per la diffusione della coltura italiana all’estero, sia laiche (quali l’Umanitaria di Milano e la Dante Alighieri) sia confessionali (quale l’Opera Bonomelliana), la sola che abbia avuto l’onore di essere ripetutamente ricordata, invocata e additata come istituzione da sorreggere, da aiutare, da adoperare, è stata appunto la Dante”. L’Istituto Coloniale, secondo Galanti, poteva dunque “tutt’al più proporsi di aiutare e favorire, non di sostituire la Dante”11.
In effetti al congresso organizzato dall’Istituto Coloniale la Dante risultò molto presente in diversi interventi e relazioni, in particolare nella sezione VII, relativa a “Cultura e lingua”, sezione di cui faceva parte una larga rappresentanza dello stato maggiore della Dante, dal suo presidente, on. Boselli, a Sanminiatelli, Stringher, Galanti, Zaccagnini. I problemi della scuola italiana all’estero, divisi al congresso in base alla localizzazione geografica, vennero affrontati lamentando la assoluta insufficienza o inefficienza degli istituti scolastici esistenti e auspicando un’azione più incisiva ed estesa della “benemerita” associazione Dante Alighieri12.
In un periodo in cui i rapporti, da sempre ottimi, tra la Dante e il governo italiano andavano leggermente raffreddandosi, Donato Sanminiatelli, vicepresidente della Dante e consigliere centrale, in una sua lettera al presidente Boselli lamentava un trattamento discriminatorio del governo nei confronti della Dante rispetto all’Istituto Coloniale sul piano finanziario: “Il Governo, prodigo di aiuti anche finanziari all’Istituto Coloniale, va pian piano ritirando alla Dante quella…simpatia morale (altro non ne cavammo giammai, o furono briciole trascurabili) che le avea accordato”13.
Il II congresso degli italiani all’estero venne inaugurato in Campidoglio alla presenza dei sovrani, con rappresentanze del governo, aperto da un discorso del ministro degli esteri Antonino di San Giuliano, oltre che, naturalmente, con numerose rappresentanze degli italiani all’estero. Il congresso toccò i principali temi e problemi degli italiani all’estero e fu percorso da toni più o meno esplicitamente nazionalisti in relazione ai diritti e agli interessi dell’Italia in Tripolitania. La Dante, presente al congresso principalmente nella sezione “Lingua e cultura”, auspicando un maggiore impulso alla diffusione della lingua e della cultura italiana in America Latina, attraverso le parole del prof. Carlo Parlagreco, affermava “in occasione del glorioso cinquantenario della redenzione della patria, la sua fede incrollabile nei destini della italianità come elemento di cultura e di progresso e di grandi aspirazioni civili e sociali nella formazione delle giovani nazionalità della America latina”14. Il successo del congresso dell’Istituto Coloniale era dovuto almeno in parte alla numerosa presenza di soci della Dante, come sosteneva ancora Galanti: “La Dante Alighieri uscì con onore dal Congresso degl’Italiani all’estero, tanto più che una buona parte di coloro che parteciparono alle discussioni e che rappresentavano nel congresso le nostre Colonie erano e sono soci dei numerosi comitati [nel 1911: 65 comitati esteri e 223 interni] della Dante all’interno e all’estero”15.
Non è certo un caso che la Dante scelga di tenere il proprio congresso annuale del 1911, nella città di Roma, dove non si teneva dal 1895. Già nel messaggio del presidente ai comitati, l’on. Boselli comunicava la scelta di Roma per il XXII congresso della Società: “…il far sì che nel congresso di Roma la Società si affermi sempre più salda, più disciplinata, più rigogliosa sarà insieme il miglior saluto ospitale che si possa per noi dare ai fratelli lontani e la più degna forma di commemorare il glorioso cinquantenario delle libere istituzioni”16. Il congresso quindi non poteva tenersi che a Roma, nel giorno della sua liberazione, il XX settembre, “in quest’anno e nella data più fausta e più significativa della storia del nazionale Risorgimento”17. L’occasione della esposizione romana doveva inoltre fornire l’occasione per mostrare un’Italia moderna e vincente, alla pari con le altre nazioni industrializzate. Commentando “la celebrazione del cinquantenario della liberazione della Patria”, e la esposizione universale ad essa legata, si sosteneva: “Per essa è apparso, documentato e riconosciuto, il valore dello sforzo fortunato che ha condotto il Paese, nelle varie discipline degli studi, nella geniale espressione delle arti, nella feconda opera delle industrie e degli scambi e nelle molteplici sue manifestazioni d’attività, a gareggiare colle maggiori e più progredite nazioni del mondo”18.
Il presidente, on. Boselli, già pochi mesi prima del congresso, in occasione del consiglio centrale della Dante del 5 marzo 1911, aveva dato mandato di “escogitare i mezzi più pratici per raccogliere oblazioni nella ricorrenza del Cinquantenario”19. In un clima che si preannunciava sicuramente celebrativo, lo stesso Boselli, il 5 aprile 1911, in previsione di un congresso della Dante che avrebbe avuto inevitabilmente una maggiore visibilità rispetto ai precedenti, volle mostrare un’immagine dell’Italia ormai cambiata e inviò una circolare ai comitati esteri della Dante perché sfatassero “vecchi pregiudizi […] e notizie false o diffamatorie sulle condizioni del nostro paese”20.
Nell’atmosfera patriottica del 50° anniversario della nascita dello stato italiano, il congresso di Roma proclamava il 21 aprile, natale di Roma, festa della Dante, perché, come scrisse Boselli, rievocando l’antica grandezza, il nome di questa città compendiava “le più eccelse aspirazioni della Patria”21. Il congresso di Roma votava anche affinché il Ministero della pubblica istruzione e le scuole si facessero portavoce dell’iniziativa, ricevendone l’adesione: il ministro della pubblica istruzione Credaro infatti inviò un telegramma ai provveditori agli studi e ai capi d’istituto in cui era scritto che il congresso della Dante aveva scelto il 21 aprile “perché in quel giorno vengano congiunti in un sol pensiero Roma e Dante, due glorie senza rivali nella storia dell’umana civiltà”, invitando gli insegnanti di italiano e di storia a ricordare ogni anno per la ricorrenza alle rispettive scolaresche “la benefica azione civile e patriottica della Società”22.
In occasione del XXII congresso di Roma, aperto dal consigliere Nathan, sindaco della capitale, davanti a vari ministri e parlamentari, il sindaco, dopo essersi annoverato tra i fondatori della Società insieme a Menotti Garibaldi, Giosuè Carducci, Giovanni Bovio e Giuseppe Chiarini, si rivolse al pubblico sottolineando l’occasione del 50° anniversario, ma soprattutto la giornata del XX settembre: “non potevate mancare a Roma in questo cinquantenario glorioso, soprattutto in questo giorno”23.
Stessa solennità da parte del ministro di grazia e giustizia e presidente del comitato romano della Dante, Finocchiaro Aprile, che a nome del governo motivava la scelta di tenere a Roma il congresso della Dante per “l’alto significato della solenne commemorazione del cinquantenario del Risorgimento nazionale”24.
Nel clima dell’imminente guerra di Libia, il ministro faceva riferimento all’azione di Francesco Crispi, difensore della “dignità nazionale”, seguito da vivissimi applausi: sostenendo che Crispi, “con l’alto senso di patria che lo ispirò sempre”, capì l’importanza e il significato delle scuole italiane all’estero, dirette “non solo a mantenere l’insegnamento della lingua e la diffusione della coltura nazionale, ma anche a soddisfare una necessità impellente di dignità nazionale”. Il ministro concludeva amaramente che “l’opera sua venne purtroppo interrotta”25. Non a caso, fra gli ordini del giorno votati al congresso, quello relativo alle scuole italiane all’estero auspicava “lo sviluppo di una politica estera forte e fattiva”, in cui la scuola italiana all’estero poteva fare “opera sagace di penetrazione”: il congresso quindi faceva voti che la politica italiana fosse “sempre risolutamente inspirata agli alti destini della nazione, la quale nel bacino del Mediterraneo ha il suo campo naturale, fecondo di tradizioni gloriose e di prospero avvenire”26.
Il vicepresidente del comitato romano, consigliere Galanti, annunciava con orgoglio che la Dante contava ormai 55 mila soci, “uomini e donne di ogni partito e di ogni ceto sociale”, ricordando che lo stesso comitato romano il 17 settembre 1895, “in occasione del venticinquesimo anniversario della liberazione di Roma, chiese ed ottenne che a Roma fosse convocato il VI congresso”, ricordando il discorso che fece in quella occasione uno dei fondatori della Società, Ruggero Bonghi27.
Riferimenti simili sono contenuti nella lettera inviata per l’occasione al congresso dal presidente del consiglio Giovanni Giolitti e dal presidente della Dante Paolo Boselli, mentre l’on. Luigi Rava elogiava, oltre a Garibaldi, Mazzini e Cavour, le “virtù del Piemonte, e casa Savoia, e Vittorio Emanuele, il Re galantuomo che seppe riunire tutte le forze italiane”28.
In questo contesto celebrativo veniva proposto da parte della Società Fotografica Italiana “di porre sotto gli auspici della Dante Alighieri una Iconografia del Risorgimento italiano29: visione di storie e d’arte per una manifestazione d’italianità e per un’opera di educazione civile del paese”. La proposta, per “una durevole educazione annuale del cinquantenario”, veniva approvata dal congresso. Il consigliere Barbera suggerì, “qualora vi siano proventi attivi, di devolverli alla Dante Alighieri”30.
Non era stata affatto scontata la scelta di Roma per il congresso della Dante: facendone un bilancio, compreso il “grande corteo di Porta Pia”, negli “Atti” della Società si sottolineavano i dubbi che la scelta di Roma aveva creato, perchè “Il cinquantenario richiamava nella Capitale un numero grande di congressi d’ogni specie, e si temé che il nostro, come spesso accade, avesse ad esserne diminuito: però non fu così”31.
La campagna di Tripolitania aveva ormai preso il via, il clima era cambiato e il congresso della Dante era stato espressione genuina di un nuovo sentire nazionalista. Rievocando l’atmosfera del congresso, la rivista della Società la descriveva in questi termini: “L’impresa di Tripoli era vicina; e in quella adunanza s’ebbe forse il primo pubblico segno del concorde volere del paese quivi rappresentato dai delegati accorsi da ogni regione d’Italia”32.
Restituire alla patria la dignità e il prestigio che meritava: nella Relazione del consiglio centrale al XXIII congresso della Dante (Catania, 27 – 31 ottobre 1912), a proposito del congresso di Roma dell’anno precedente, la Società rivendicava un ruolo importante per avere in quella occasione, anche attraverso la scelta del 21 aprile, natale di Roma, come festa della Dante, ridestato “la luce di un alto ideale”. Alla Dante infatti “torna per non piccola parte il merito d’aver ridestato e alimentato le idealità nobilissime che diedero luce e calore alla presente rinascita nazionale”33. L’importanza assegnata all’evento nazionale fornì alla Società anche l’occasione per aumentare il numero di iscritti, che toccò la punta di 60 mila soci tra Italia a estero34.
La guerra all’impero ottomano non fece che accentuare un clima nazionalista già presente in forma meno esplicita: il consiglio centrale tenuto il 26 maggio 1912, deliberava l’invio di un telegramma al generale Ameglio a Rodi “di plauso all’esercito e all’armata”, e di “augurio per la fortuna e per la gloria della patria”. Inoltre il consiglio stesso stabiliva di promuovere, in accordo con l’Istituto Coloniale, “un’opera di soccorso da parte delle collettività italiane all’estero a favore dei connazionali nostri espulsi dall’impero ottomano”35. Inoltre, ancora insieme all’Istituto Coloniale, rivolgeva un appello a versare oblazioni per gli espulsi dalla Turchia, dato che “Il Governo ottomano, riusciti vani i suoi sforzi per contenderci la vittoria, colle armi infierisce contro pacifici cittadini italiani che caccia dal territorio dell’Impero”, per “dimostrare ai nostri fratelli che l’espulsione dalla Turchia non può, né deve avere l’amarezza di un esilio, ma la consolazione d’un ritorno tra le braccia della Madre Patria che accoglie e protegge i suoi figli”36.
Il XXIII congresso della Dante a Catania, nell’ottobre 1912, veniva dedicato quasi interamente alla guerra di Libia, con un vistoso aumento della retorica nazional-patriottica. L’interesse per il lavoro della Dante tra gli italiani all’estero e per i comitati esteri, più o meno costante in situazioni non eccezionali, tendeva a calare sensibilmente ogni volta che prevaleva un problema “nazionale”: così come era avvenuto quando i temi dell’irredentismo avevano accaparrato in modo prevalente l’attenzione dei soci e del consiglio centrale, altrettanto stava avvenendo con la guerra di Libia e soprattutto avverrà nel corso della prima guerra mondiale.
Note al testo:
1 Cfr. Beatrice Pisa, Nazione e politica nella Società “Dante Alighieri”, Roma, Bonacci, 1995; Patrizia Salvetti, Immagine nazionale ed emigrazione nella Società “Dante Alighieri”, Roma, Bonacci, 1995.
2 L’Istituto Coloniale Italiano era nato nel 1906 con l’intento, come recita il suo statuto, di “sviluppare la vita economica delle nostre colonie e di dirigere opportunamente la nostra emigrazione”. Organo dell’Istituto era la “Rivista coloniale”.
3 Primo congresso degli Italiani degli Stati Uniti, Philadelphia, Stab. de La voce del popolo, 1911, pp. 29-30. Cfr. anche Giovanni Preziosi, Il primo Congresso degl’Italiani negli Stati Uniti d’America, “Atti della Società Dante Alighieri” (d’ora in poi “Atti”), luglio 1911, pp. 16-17.
4 La Mostra degli Italiani all’Estero di Torino, “Atti”, luglio 1911, pp. 6-7.
5 Relazione del Consiglio Centrale al XXII Congresso (Roma, 20 – 23 settembre 1911), “Atti”, gennaio 1912, p. 12.
6 Relazione del Consiglio centrale al XXII Congresso, cit., p. 44.
7 Relazione del Consiglio Centrale al XXIII Congresso (Catania, 27 – 31 ottobre 1912), “Atti”, luglio 1913, p. 8.
8 Arturo Galanti, Il II Congresso degl’Italiani all’estero e la “Dante Alighieri”, “Atti”, luglio 1911, p. 13.
9 Ibid.
10 Ibid., p. 14.
11 Ibid.
12 Cfr. Istituto Coloniale Italiano, Atti del II Congresso degli Italiani all’estero (11-20 giugno 1911), Vol. II, sezione VII, Roma, Tipografia Editrice Nazionale, 1911.
13 Lettera di Donato Sanminiatelli a Paolo Boselli, Perignano (Pisa), 15 luglio 1911, in Archivio Storico Dante Alighieri, Roma, fasc.1911 B bis 5.
14 Istituto Coloniale Italiano, Atti del II Congresso, cit., vol. II, p. 1081.
15 A. Galanti, Il II Congresso, cit., p. 16.
16 Il Presidente ai comitati, “Atti”, gennaio 1911, p. 1.
17 Il XXII Congresso, “Atti”, luglio 1911, p. 1.
18 Ibid.
19 Ibid., p. 3.
20 Ai Comitati all’estero. Contro le diffamazioni in danno del nostro paese, “Atti”, luglio 1911, p. 3.
21 Il Presidente ai comitati, cit., p. 1. Per l’approvazione dell’iniziativa da parte del congresso, cfr. “Atti”, gennaio 1912, p. 59.
22 La Dante e il XXI aprile, “Atti”, luglio 1912, p. 26.
23 Il XXII Congresso a Roma, “Atti”, gennaio 1912, p. 32.
24 Ibid., p. 33.
25 Ibid., p. 34.
26 Ibid., p. 56.
27 Ibid., p. 35.
28 Ibid., pp. 36 – 37.
29 La Società Fotografica Italiana, nata a Firenze nel 1889, era presente a Roma per l’Esposizione internazionale di fotografia artistica.
30 Il XXII Congresso a Roma, cit., pp. 59 – 60.
31 Festeggiamenti e ricordi, “Atti”, gennaio 1912, p. 62.
32 Ibid.
33 Relazione del Consiglio centrale al XXIII Congresso, “Atti”, luglio 1912, p. 7.
34 Il Consiglio Centrale, “Atti”, luglio 1912, p. 25.
35 La Dante Alighieri e l’Istituto Coloniale per gli espulsi dalla Turchia, “Atti”, luglio 1912, p. 25.
36 Ibid., p. 28.