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Storie migranti
Esperienza spesso drammatica per chi parte, l’emigrazione può essere spesso altrettanto drammatica anche per chi resta. Le progressive e costanti partenze, infatti, hanno condizionato la vita di Greci in modo indelebile e doloroso: nei racconti degli anziani, infatti, l’emigrazione ha significato lo spopolamento e la progressiva “morte”, sociale ed economica, del paese:
C: bè ci sta il rione San Pietro / ci sta il rione Caroseno / che sta dove sta la chiesa della Madonna / c’è la chiesa madre che non aveva un nome / non aveva niente // la chiamavano la … chiesa madre / chiesa madre / e poi … il paese è piccolo quindi non è che ci sta chissà che storia / cerchiamo di conservare queste poche notizie per … dare un poco di vita / a questo paese // ma questo era già morto / sepolto e distrutto
I2: perché poi i giovani vanno via tutti …?
C: giovani se ne vanno perchè qua non trovano una fonte di lavoro /e quindi cercano di andare lontano / la maggior parte se ne vanno in Toscana / vicino Prato da quelle parti // però … emigrano / emigrano
I2: vanno pure per esempio nei dintorni / tipo non lo so nei paesi della Puglia
C: sì sì sì sì
(Cristina, donna anziana)
A: e mo so’ scappatë tuttë quantë / siamë … siamo rimasti due vecchi // prima era una folla // dove facevo scuola io / dove faceva la maestra Pompei / sessanta alunni! / sessanta alunni! // mo non sono manco sessanta che sono tre quattro maestre / chi tenë cinque / chi tenë sei / chi tenë settë
(Antonietta, donna anziana)
P: anzi prima c’erano tanti bar / tanti… negozi di generi alimentari / c’erano quattro o cinque forni / c’erano un sacco di cose / adesso non c’è niente
T: ma mo niente
I: ma quand’è che è cambiato Greci?
P: eh … è incominciato a cambiare dal … prima del Sessanta / Cinquanta …
I: che è successo?
P: eh … è successo perché c’era tanta gente / le strade c’erano / chi andava in Germania / chi in Francia / chi in Italia / a Milano / a Torino / ci sono più a Torino i grecesi che qua
Q: se vai a Firenze / c’è tutto Greci lì / a Torino settima:
P: in Toscana c’è tanta gente di Greci
T: i miei figli / per esempio / stanno a Chivasso
P: a Torino
T: a Torino
Q: facevamo quattromila abitanti
P: qua
Q: prima / prima // adesso non siamo neanche settecento
(P, Q, T, tutte donne anziane)
I: e invece quand’è che la gente la gente il grosso della gente se n’è andata da Greci?
C: ma stanno tutti più assai stanno in Toscana
I: e che vanno a fare?
C: c’è il lavoro // e là lavorano / lavorano / a Torino alla Fiat lavoravano / so andati diversi / allora faceva quattro mila mo non fa manco ottocento / nemmeno pure
(donna anziana)
Per la prima donna, il paese è “morto, sepolto e distrutto”, quasi come se non avesse alcun futuro; per la seconda, i suoi paesani sono “scappati” lasciando in paese solo i vecchi e un numero di bambini destinato a contrarsi sempre di più. Nel terzo frammento, infine, l’emigrazione è considerata la causa della chiusura di alcune attività commerciali e, soprattutto, di uno spopolamento più smisurato di quello reale, quasi come se l’esodo fosse reinterpretato in chiave mitica per divenire la trasfigurazione simbolica di una tratto dell’odierna identità grecese.
Nei ricordi degli anziani, è profonda l’opposizione tra il paese di un tempo, che spesso nei racconti assurge alla funzione di “mito”, e il paese di oggi: un tempo prospero economicamente e vivace culturalmente, il paese di oggi è invece caratterizzato dalla solitudine e dall’abbandono di chi ha preferito andarsene. La riduzione del numero di abitanti, la chiusura di molte attività commerciali, la fine della fiera degli animali che si svolgeva durante il mese di agosto, la chiusura di molte case diventano nei racconti degli intervistati simboli di una realtà che si rimpiange, con evidenti effetti in termini di identità, in quanto chi è rimasto rimprovera chi è partito per aver provocato, indirettamente e senza troppe preoccupazioni, una profonda crisi nella vita, economica e sociale, del paese. L’atavica mancanza di lavoro, il ricordo di un passato mitizzato, l’emorragia emigratoria diventano, quindi, nei ricordi dei parlanti rimasti, parte dell’epos della comunità17, elementi costituitivi della propria storia comunitaria e simboli che consentono di immaginare una storia comune e di inventarsi come comunità.
Secondo gli intervistati, la vita sociale del paese è scandita dal tempo del silenzio e della solitudine dei mesi invernali, quando il paese è vuoto, e il tempo della festa, che coincide con il mese di agosto, mese in cui rientrano per la villeggiatura gli emigrati e la comunità, nel suo insieme, riallaccia i suoi legami intorno alla festa dedicata a San Bartolomeo:
P: non erano mica le strade come adesso / allora c’erano gli as # i muli / i cavalli // e davanti alle case / in ogni casa / la sera / era attaccato un mulo / un cavallo / quando faceva caldo / quando dovevano andare a dormire lo mettevano dentro / non era mica tutto così pulito / e … ordinato
I2: ma pure le case / adesso ci sono tante case … che poi molte sono chiuse
P: e sono chiuse perché non c’è gente / quelle case … erano # sono state sempre / tutte quelle case che si vedono / solo che allora erano basse / con le tavole / e adesso li hanno fatto palazzi / però quelle erano le case / erano esistenti da allora!
I2: però sono di persone che adesso …
P: non ci sono più
I2: o che …
P: e so andati via e poi
I2: d’estate
P: d’estate vengono e tengono la casa … bella / preparata
I2: e vengono a fare la villeggiatura
P: e vengono a fare la villeggiatura qua / senza spendere soldi
I2: e poi … dove se ne sono andati la maggior parte delle persone a lavorare? … in America?
P: qualcuno è andato in America / chi in Germania / in Svizzera / da tutte le parti / e adesso di più stanno tutti in alt’Italia / quelli che so’ andati tutte le famiglie / la famiglia completa / no / prima andavano solo gli uomini / in Svizzera / in Germania // ma in Germania sono andati … tutte le famiglie intere
I2: ma si sono portati mogli / figli …
I: alta Italia dite Toscana / Pisa / Firenze / Prato?
P: sì sì sì / di là … a Pisa specialmente / Pontedera / ci stanno tanti di Greci
I2: perché forse ognuno poi si tira dietro … all’altro
P: è vero / sì sì / io pure c’ho mio fratello a … Pontedera
I2: tutti quanti vanno lì!
I: siete mai stata?
P: sì // due / tre volte
I: e com’è?
P: e perché tenevo anche il primo figlio all’università a Pisa eh …
Il testo riportato è di estremo interesse in quanto dimostra l’opposizione percepita tra chi è rimasto e chi è partito: attraverso la puntualizzazione “senza spendere soldi”, inoltre, la donna sembra sottolineare come, nonostante la ricchezza conquistata altrove, gli emigrati non vogliono spendere nulla nel paese che hanno lasciato, rifiutandosi di farsi carico delle condizioni disperate che si sono lasciati dietro le spalle. Attraverso questa precisazione, quasi maliziosa, si può individuare la percezione negativa che coloro che sono rimasti hanno di chi è partito, con cui non si vuole essere identificati.
Questo atteggiamento di distanza e di rifiuto è abbastanza diffuso nel paese, seppure raramente viene formulato in modo esplicito: agli emigrati, infatti, sono attribuite molte caratteristiche negative, come l’attaccamento al denaro, la mancata volontà di investire al proprio paese, la dimenticanza e l’abbandono e, soprattutto il disinteresse per le sorti di chi è restato. Si inquadra in questa prospettiva anche la rabbia che provano molti dei rimasti per quegli emigrati che mettono in vendita la casa sfarzosa che hanno costruito in paese: la paura di chi è rimasto è che questa casa, vista la mancanza di un mercato immobiliare interno al paese, possa essere acquistata da un “napoletano”, interessato magari ad un turismo del fine settimana. Se alcuni grecesi considerano questa possibilità come un possibile catalizzatore per uscire dalla profonda crisi economica, i più ritengono che non sarà certo l’acquisto di qualche casa da parte dei “napoletani” a far risollevare le sorti di un’economia in crisi da sempre. Inoltre, molti ritengono che proprio l’arrivo dei turisti della domenica possa compromettere la tranquillità del paese, e, qualcuno dice, anche la vitalità dell’arbëreshe. Tale percezione potrebbe essere ricondotta alla distanza, non solo geografica, ma anche simbolica con Napoli: i napoletani sono estranei, forestieri e non possono essere inclusi nella propria comunità.
A fronte di una comune percezione dell’emigrazione come fattore estremamente negativo per il paese, qualcuno ne evidenzia gli aspetti positivi: è il caso, ad esempio, di Narduccia, che ricorda la festa che si faceva in famiglia quando arrivavano i pacchi spediti dai parenti emigrati in America. Questi pacchi costituivano, per chi li riceveva, una fonte di benessere e di ricchezza momentanea:
N: perché la pasta non c’era / qualche festa si comprava un po’ di pasta
I: altrimenti?
N: ai tempi miei / quando avevo … otto / nove anni / dieci anni così // mi ricordo che la zia / c’avevamo due zie in America / e ci mandavano dei pacchi / ci mandavano anche la pasta
I: questi pacchi / facevano dei pacchi di pasta …
N: dei pacchi / grandi
I: e che ci mettevano?
N: con la pasta / caffé / ci mandavano caramelle / che in tempo di guerra non c’erano
I: ed erano zie che erano di Greci e che erano andate …
N: erano di Savignano
I2: quindi parenti di vostro padre
N: erano tante brave / ci mandavano tutto / anche i soldi ci mandavano
I: era una festa quindi quando arrivava questo pacco?
N: non ti dico! // erano due zie … / delle … delle volte andavamo a ricevere quattro pacchi // tanta roba che ci mandavano!
I: pure vestiti?
N: vestiti / scarpe / tutto /// figurati che veniva qualche … qualcheduno che voleva qualche cosa // perché non li trovava la roba
I: sapevano che voi …
N: era tempo di guerra / non si trovava e noi … eravamo cinque figli / potevamo vendere la roba?
(Narduccia, donna anziana)
L’arrivo del pacco poteva avere anche altre ripercussioni sull’economia della famiglia che lo aveva ricevuto: infatti, la mancanza di alcuni prodotti alimentari e di altri beni di consumo in paese, poteva consentire alla famiglia di vendere parte delle merci arrivate.
In qualche caso, i benefici dell’emigrazione sono stati molto più duraturi:
I: e poi avete detto che è cambiato tutto quando so’ arrivati i soldi
C: e
R; e ma come so arrivati i soldi?
C: i soldi che sono andati in Germania / tutti i mariti / mandavano i soldi e s’e cambiato / andavano / sono andati a lavorare in Germania loro / tutti i mariti / che allora soldi non c’erano / e s’è cambiato / è cominciato a fare … pavimento / luce / alla casa se no …
I: pure la televisione poi è arrivata
C: perciò al cinquanta / cinquantuno allora s’è cambiato / è cominciato a anda’ in Germania / purtavanë i soldi e accomodavano le case e facevano tutto
(Cristina, donna anziana)