Matteo Sanfilippo
Risorgimento ed emigrazione?
Sopitisi i clamori del cento cinquantenario
dell’Unità, abbiamo deciso di tornare su un tema
che ci è apparso trascurato nelle kermesse del 2011.
Nel corso di quell’anno noi abbiamo infatti valutato,
su consiglio di Giovanni Pizzorusso, quanto
il discorso migratorio abbia innervato le celebrazioni
del 19111. Altri hanno dedicato spazio alla
questione migratoria come elemento chiave della
vicenda italiana2. Tuttavia pochi nel complesso
hanno esplorato l’emigrazione durante e in connessione
con il Risorgimento, se non in interventi
sparsi all’interno di convegni o di opere collettanee3.
Negli articoli che seguono vogliamo dunque
riprendere il tema e definire la specificità in quei
decenni ottocenteschi degli espatri politici e la
loro eventuale connessione con la diaspora lavorativa:
si vedano l’intervista rilasciataci da Agostino
Bistarelli e la sintesi di Patrizia Audenino sull’esulato
risorgimentale4. Inoltre approfondiamo il
tema delle mete geografiche. Gli studi di Maurizio
Isabella hanno insistito sull’importanza dell’Inghilterra
e del Messico come terre di ospitalità per
gli espatriati ed Enrico Verdecchia ha dedicato
un ampio lavoro, forse un po’ troppo farraginoso,
all’incrociarsi di esuli, non solo italiani, nella
Londra vittoriana, mentre Alberto Becherelli ha
tratteggiato un quadro dell’esulato italiano che
tiene conto anche dell’Europa centro-orientale5.
Nel nostro inserto monografico c’interessiamo
perciò ad altri paesi europei, in particolare a
Francia, Belgio e Lussemburgo (si leggano i testi
di Delphine Diaz, Ivan Brovelli e Maria Luisa
Caldognetto) ed americani. Stefano Luconi, Paolo
Spedicato e Sara Samorì si sono infatti concentrati
sugli Stati Uniti, sinora relativamente poco studiati
in questa prospettiva, mentre Emilio Franzina
ha tratteggiato il ben più noto caso sudamericano
alla luce di quanto ne scrive Ippolito Nievo sin
dalle sue prove universitarie.