The Alien Entrepreneur. Migrant Entrepreneurship in Italian Emigration (Late 19th – 20th Cent.) and in the Immigration in Italy at the Turn of the 21st Century, a cura di Francesco Chiapparino, Milano, Franco Angeli, 2011, 192 pp.
Dignità sociale e sostenibilità. Una prospettiva storica. Società, città, imprenditorialità immigrata, a cura di Francesco Chiapparino, Bologna, Il Mulino, 2011, 350 pp.
Chiapparino, docente di storia economica nell’Università Politecnica delle Marche, ha organizzato due volumi che affrontano in prospettive diverse il ruolo economico dell’emigrante. Attraverso una scelta équipe di collaboratori viene infatti mostrato come la storia dell’emigrazione sia parte della storia economica sin dall’età moderna, si veda al proposito il contributo di Donatella Calabi in Dignità sociale e sostenibilità. Ora tale ruolo non è meramente passivo, perché anzi molti emigrati si muovono come (piccoli) imprenditori sia nell’ambito della emigrazione di antico regime, sia in quello della grande emigrazione otto-novecentesca (si vedano i contributi di Ercole Sori e Andrea Alessandrelli, Marco Moroni ed Edith Pichler in The Alien Entrepreneur), sia nell’immigrazione in Italia oggi. Proprio questo tema è approfondito in entrambi i volumi da Gabriele Morettini, Franceso Orazi e Marco Socci, evidenziando come si debba approfondire la ricerca sull’imprenditorialità migrante.
Marco Moroni, Alle origini dello sviluppo locale. Le radici storiche della Terza Italia, Bologna, Il Mulino, 2008, 251 pp.
Marco Moroni, Nel Medio Adriatico. Risorse, traffici, città fra Basso Medioevo ed età moderna, Napoli, ESI, 2012, 404 pp.
In campo migratorio Marco Moroni è noto soprattutto per un suo interessante volume su Emigranti, dollari e organetti (Ancona, Affinità Elettive, 2004), sui circuiti commerciali e produttivi fra le Marche e la diaspora marchigiana nelle Americhe. In quel libro si mostrava soprattutto come la produzione nelle Marche di strumenti musicali avesse trovato uno sbocco oltre oceano grazie alla presenza dei marchigiani emigrati. Nel primo e più vecchio dei due libri qui recensiti quel commercio è inserito nel quadro e nei motivi dello sviluppo economico novecentesco delle Marche, mostrando così i legami fra imprenditoria emigrata ed imprenditoria dei luoghi di origine. Il secondo libro qui preso in esame mostra come i legami fra produzione manifatturiera, industria ed emigrazione datino a secoli ormai lontani. Nel bacino adriatico migrazioni, commerci e insediamenti sono infatti strettamente collegati già dall’età moderna, un tema affrontato anche nei di poco precedenti Tra le due sponde dell’Adriatico. Rapporti economici, culturali e devozionali in età moderna (Napoli, ESI, 2010) e L’impero di San Biagio.Ragusa e i commerci balcanici dopo la conquista turca 1521-1620 (Bologna, Il Mulino, 2012). Complessivamente l’apporto di Moroni alla storia delle migrazioni e degli scambi adriatici è uno dei più importanti e ci ha permesso di comprendere meglio una lunga fase storica che non sembra ancora destinata a chiudersi.
Donne negli anni Settanta. Voci, esperienze, lotte, a cura di Beatrice Pisa e Stefania Boscato, Milano, Franco Angeli, 2012, 188 pp.
Nell’ambito di questa compatta raccolta di saggi, Patrizia Salvetti ha firmato un contributo sulle mogli degli emigranti (Tra miracolo economico e crisi petrolifera. Vedove bianche: una storia da scrivere, pp. 93-114), nel quale fa il punto della storiografia disponibile e delle fonti d’epoca. In particolare non affronta soltanto le lettere, ma anche la stampa quotidiana e periodica e soprattutto le inchieste (sindacali, politiche, giornalistiche), scavalcando così le difficoltà di trovare materiali sulla condizione della donna in quei decenni. Propone così un quadro assai più dettagliato dell’impatto migratorio sulla famiglia e sul ruolo femminile nella società. Le donne non soltanto partono assieme agli uomini, negli spostamenti verso l’estero di non brevissima durata o in quelli interni che spesso equivalgono a trasferimenti definitivi, ma si prendono carico della famiglia e degli averi familiari, laddove restano mentre l’uomo è lontano. Le cosiddette vedove bianche non sono donne abbandonate, ma donne che si trovano a divenire capofamiglia in nome del marito assente.
Les batailles de Marseille.Immigration, violences et conflits XIXe-XXe siècles, a cura di Stéphane Mourlane e Céline Regnard, Aix-en-Provence, Presses Universitaires de Provence, 2013, 182 pp.
Da tempo Mourlane e Regnard elaborano un quadro dell’immigrazione nel sud francese, si vedano in particolare del primo: L’historiographie des migrations à l’époque contemporaine en Provence (1960-2010), “Provence historique”, 246 (2011), pp. 537-550, nonché Nice cosmopolite 1860-2010, curata assieme a Yvan Gastaut e Ralph Schor; della seconda: Marseille la violente. Criminalité, industrialisation et société 1851-1914, Rennes, Presses Universitaires de Rennes, 2009, nonché Jouer à Marseille, quelle interculturalité (1820-1914)?, in Migration, identités interculturelles et espaces frontaliers (XIXe et XXe siècles), a cura di Élien Declercq, Walter Kusters e Saartje Vanden Borre, Bruxelles, Lang, 2012, pp. 273-287. Nel volume qui in esame affrontano tre aspetti della violenza legata all’immigrazione. In primo luogo quella temuta e immaginata dai locali, che si sentono invasi dagli stranieri e che elaborano la figura del nemico, dall’italiano dell’Ottocento all’arabo dei nostri giorni. In secondo luogo quella esercitata dai locali contro gli invasori: le mobilitazioni antitaliane di due secoli fa e quelle più recenti contro i nordafricani. In terzo luogo gli scontri interni alle comunità immigrate (Mourlane per esempio studia le divisioni tra gli italiani fascisti e antifascisti) o tra le comunità immigrate. Ne viene fuori un quadro molto dettagliato che ci aiuta a comprendere una delle regioni francesi, dove è ancora oggi forte la violenza contro e tra gli immigrati.
David Gentilcore, Italiani mangiapatate. Fortuna e sfortuna della patata nel Belpaese, Bologna, Il Mulino, 2013, 299 pp.
Questo importantissimo volume, seconda parte di un trittico sull’uso delle piante alimentari americane nel Vecchio Mondo, contiene notevoli riflessioni sulle migrazioni italiane. Mentre il primo volumeLa purpurea meraviglia. Storia del pomodoro in Italia, Milano, Garzanti, 2010, indaga sull’Italia meridionale, questo è dedicato a quella tra la Campania e l’Emilia e segue come, dopo una lunga sfiducia iniziale, a partire dall’Ottocento si sia iniziato a coltivare patate nell’Italia montuosa e collinare. Secondo l’autore tale coltivazione ha per qualche tempo rallentato la tendenza alle partenze stagionali. I tuberi garantivano infatti la nutrizione sconsigliando dal partire durante i decenni centrali del secolo, nei quali d’altronde già le trasformazioni geopolitiche in corso suggerivano prudenza. La demografia delle zone montuose raggiunge così un punto critico, di non ritorno, e la crescente popolazione rende presto impossibile riprestare i vecchi equilibri. Verso la fine dell’Ottocento diventa obbligatorio partire e soprattutto si inizia a emigrare senza tornare, dando il via allo spopolamento delle montagne e delle colline. Lo scopo di questo libro e di tutto il trittico non è naturalmente analizzare la vicenda migratoria italiana. Tuttavia le notazioni in tema di Gentilcore, studioso canadese trapiantato in Inghilterra, ma con solide radici italiane, non devono essere trascurate neanche nel nostro campo. MS