Con la recente scomparsa di Nunzio Pernicone, gli studi sulla presenza italiana negli Stati Uniti perdono un altro dei loro più attenti e stimati cultori della generazione di storici che hanno vissuto e alimentato in prima persona il cosiddetto ethnic revival a partire dalla fine degli anni Sessanta del Novecento. Sebbene Pernicone fosse giunto ad occuparsi di emigrazione italiana solo per vie traverse e non si definisse un praticante di questa materia, i risultati delle sue ricerche rappresentano comunque un contributo imprescindibile – sia quanto a conclusioni raggiunte e a informazioni fornite, sia da un punto di vista metodologico – per la conoscenza delle vicende degli italo-americani nel circa mezzo secolo intercorso tra la fine dell’Ottocento e la seconda guerra mondiale.
L’influenza delle implicazioni biografiche individuali dei singoli studiosi e l’empatia nei confronti dei soggetti delle loro ricerche hanno caratterizzato a lungo la storiografia sull’immigrazione italiana negli Stati Uniti. Molto spesso, infatti, a ricostruire l’esperienza degli italo-americani sono stati storici di ascendenza italiana. Inoltre, questi ultimi si sono talmente immedesimati nell’oggetto delle proprie indagini professionali che uno dei più autorevoli e insigni tra loro, Rudolph J. Vecoli, alcuni anni fa volle intitolare Born Italian: Color Me Red, White, and Green una sua particolarissima riflessione sul rapporto tra coscienza di classe e identità etnica nelle comunità italo-americane, espressa quasi nei termini di osservazione partecipante ((Rudolph J. Vecoli, Born Italian: Color Me Red, White, and Green, “Soundings: An Interdisciplinary Journal”, 56, 1 (1973), pp. 117-23. Per analoghe intersezioni tra autobiografismo e storiografia, cfr. Idem, Emigranti italiani e movimenti operai negli Stati Uniti. Una riflessione personale su etnicità e classe sociale, “Ácoma. Rivista Internazionale di Studi Nord-Americani”, 2, 5 (1995), pp. 13-14.)).