Delle numerose prospettive sotto cui inquadrare il fenomeno dei flussi migratori che di volta in volta i fascicoli dell’“Archivio Storico dell’Emigrazione Italiana” (ASEI) hanno utilizzato per tentare di fornire ulteriori tasselli alla storicizzazione delle migrazioni e al loro rapporto con la storiografia politica, economica, sociale e culturale nel suo insieme, abbiamo scelto per questo numero celebrativo del primo decennale di attività di ASEI, quella in apparenza più ludica. Quella cioè della canzone, del cantato e dei cantanti che si sono occupati a vario titolo e sotto molteplici forme delle questioni migranti. In apparenza una scelta bizzarra ma in piena linea con i propositi della rivista e dei suoi dossier, interessati all’individuazione di una determinata problematica da affrontare in maniera, appunto, multi prospettica al fine di fornire una serie di tasselli da puzzle da ricomporre. Un aspetto, questo musicale, da considerarsi ludico soltanto in riferimento alla percezione che nei paesi occidentali si ha oggigiorno della musica: non più espressione artistica foriera di messaggi socio-politici e culturali, bensì intrattenimento “popular” se non spettacolo tout court destinato ad un uso superficiale e marginale.
La scelta è nata pensando al rapporto tra musica e viaggio, fenomeno quest’ultimo di cui la migrazione è forma sì, particolare ma non secondaria. Semplice accompagnamento durante le fatiche del viaggio reale, come nel caso dei pellegrini alla volta delle città sante, affrontato a piedi e in condizioni di austerità, penitenza e pericolo, oppure, tematica questa più vicina alle questioni trattate da ASEI, legame incrollabile con le terre natie abbandonate per scelta o per obbligo e necessario mezzo per mantenere vive tradizioni e memorie di un luogo abbandonato spesso in maniera definitiva, la musica ha sempre “rappresentato” a suo modo una sorta di correlazione al viaggiare oltre che essa stessa elemento in viaggio capace di porre ponti tra culture, società e tempi diversi accomunate da un mezzo espressivo tanto ancestrale quanto comunemente e immediatamente riconoscibile.
Quella del decimo numero di ASEI è stata, pertanto, una sorta di scelta obbligata dato che, diversamente da quanto si è normalmente portati a pensare per ciò di cui sopra, ci si è basati sul presupposto che la musica non è soltanto disimpegno, leggerezza o superficialità da show-biz quanto anche impegno civile, attenzione alle tematiche del sociale, medium capace di “amplificare” questioni e problematiche di stretta urgenza e universale necessità, divenendo spesso grimaldello per scardinare le coscienze degli ascoltatori fornendo qualcosa in più di una semplice melodia vocale o armonica.
Dai diversi contributi di questo decimo numero di ASEI, dunque, si ricomporrà un mosaico di prospettive ruotanti intorno a questo legame tra viaggio – declinato sub specie migrazione – e musiche. Che siano concept album legati ai temi dei flussi migratori, mantenimento delle tradizioni “popolari” da parte di parte di “autori/cantanti” emigrati o forme di ibridazione tra culture musicali di partenza e di arrivo, poco importa. Quello che vorremmo far emergere da questo monografico è come, seppur esposto sotto molteplici forme, il flusso migratorio possa essere “cantato” dalle diverse forme musicali, nella speranza di apportare al corpus degli studi sulle “questioni migranti” un contributo diverso e originale, ludico come si diceva in apertura ma non per questo secondario o ovviabile.