Intervista a Maddalena Tirabassi e Alvise del Pra’

2) Cosa ci dicono i dati statistici a disposizione in Italia e nei paesi di arrivo?

Secondo l’Istat nel 2012 vi sono state 106 mila cancellazioni verso l’estero con un incremento del 24% rispetto all’anno precedente, e sono più che raddoppiate paragonate al 2007, anno che precede la crisi economica. La grande maggioranza, all’incirca 68 mila, possiede la cittadinanza italiana e sono sempre loro a marcare la maggiore crescita negli ultimi anni. Si stima però che circa un italiano su due, per diverse ragioni, mantenga la residenza in Italia pur vivendo regolarmente all’estero, contribuendo così a “nascondere” il numero reale di coloro che lasciano il paese. Dall’analisi dei dati raccolti dagli istituti statistici dei paesi d’accoglienza si intuisce un fenomeno di portata più ampia rispetto alle cifre italiane: per il 2012 i dati tedeschi riportano un flusso di oltre 45 mila individui provenienti dall’Italia; oltre 30 mila italiani hanno richiesto il codice fiscale in Inghilterra; nonostante la crisi in Spagna si sono trasferiti oltre 13mila soggetti e così via. Insomma, si fa molto presto a superare le 100 mila, 150 mila unità…

3) Cosa ci dicono le autobiografie dei migranti ormai disponibili attraverso molti blog e siti web?

Il web 2.0, i blog, i social network come Facebook e Twitter, e i servizi di chat e voip come Skype ed altri, hanno permesso di condividere l’esperienza dell’emigrazione nelle sue varie fasi e in tutte le sue sfaccettature, burocratiche, professionali, emotive e così via. Per lo studioso del fenomeno si apre un ventaglio di fonti potenzialmente infinito da trattare, comunque, con la dovuta cautela. Come ha segnalato un ricercatore, Nicola Guerra, è come si andasse sulle banchine del porto di Genova a intervistare gli italiani negli anni della grande emigrazione e poi seguirne il viaggio e il percorso d’integrazione. I nuovi migranti, oltre a farsi intervistare volentieri, sentono il bisogno di raccontare autonomamente le loro esperienze via web dando consigli a coloro che li seguiranno, o in alcuni casi sottolineando difficoltà o problemi riscontrati, e perfino scoraggiando apertamente il trasferimento.

4) Secondo voi il fenomeno è così nuovo, come molti media suggeriscono? O c’è sempre stata un’emigrazione italiana qualificata?

Si è sempre avuta una presenza di migranti qualificati e altamente qualificati: a partire dall’Ancien régime quando maestri stuccatori, architetti, terrazzieri esportarono il genio italico all’estero e parteciparono alla costruzioni delle grandi capitali in Europa e nelle Americhe. In ambito scientifico poi la globalizzazione ha contribuito a incrementare dinamiche di scambio tra atenei e istituzioni di ricerca che esistevano precedentemente. In questo senso le nuove mobilità possono essere viste come un elemento positivo, di sprovincializzazione dell’Italia. Il problema nasce quando l’opzione migratoria da scelta si trasforma in necessità per mancanza di borse di studio, tagli alla ricerca o prospettive professionali all’altezza delle proprie capacità.