Sin dalla sua tesi di dottorato (De la presse «coloniale» à la presse italo-américaine, le parcours de six périodiques italiens aux États-Unis, Paris VII-Denis Diderot, 1996) Bénédicte Deschamps si è occupata dell’evoluzione del giornalismo italiano negli Stati Uniti. Dopo un’infinità di articoli, anche per il numero monografico di questa rivista dedicato alla stampa di emigrazione, tale ricerca è culminata nel volume Histoire de la presse italo-américaine: Du Risorgimento à la Grande Guerre (Paris, L’Harmattan, 2020). Pantaleone Sergi, egualmente collaboratore della nostra rivista, ha pubblicato libri e articoli sulla stampa italiana in America Latina (Patria di carta. Storia di un quotidiano coloniale e del giornalismo italiano in Argentina, Cosenza, Pellegrini, 2012) e nel mondo (Stampa migrante. Giornali della diaspora italiana e dell’immigrazione in Italia, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2010). Assieme hanno ora curato Voci d’Italia fuori dell’Italia. Giornalismo e stampa dell’emigrazione (Cosenza, Pellegrini, 2021). Abbiamo dunque intervistato Deschamps per sapere di più sul progetto.
Come è nato il progetto del volume?
È nato da una giornata di studio sulla stampa italofona nel mondo che organizzai nel 2014 alla Biblioteca nazionale francese, nell’ambito del seminario della rete Transfopress Europe. Fu l’occasione di riunire alcuni specialisti della materia e di analizzare un fenomeno importante dell’emigrazione italiana in una prospettiva transnazionale. Sono emerse dinamiche simili tra le varie esperienze del giornalismo italiano all’estero e anche specificità legate ai paesi di ricevimento. Fu anche l’occasione per me di incontrare Pantaleone Sergi il cui lavoro sull’America latina ho sempre ammirato. Alla fine di questa giornata di studio mi parse importante curare un volume che potesse raccogliere i lavori dei massimi esperti dell’argomento con lo scopo di coprire il più possibile le aree di emigrazione degli italiani. Il progetto, sostenuto dall’Université de Paris, si concretizzò a Roma, dopo il convegno Transfopress che coorganizzai con Paolo Mattera a Roma 3 nel 2018 (Protestare in lingua straniera: la stampa allofona e il dissenso). Si allargò la cerchia degli specialisti coinvolti nel progetto e Pantaleone Sergi accettò di unirsi a me per curare il volume.
Secondo voi quale è la possibile conclusione di questa impresa?
Il volume permette di presentare il fenomeno della stampa dell’emigrazione italiana nella sua complessità e nella sua ampiezza. Certo mancano alcuni paesi, come la Germania (o anche la Cina, dove sorse pure qualche testata italofona), ma i 19 capitoli del libro danno un quadro vasto del giornalismo italiano su quattro continenti e quasi due secoli. Attraverso la lettura di questi saggi, si può ricostruire l’esperienza degl’italiani nei vari paesi di emigrazione, seguire le grandi tappe della storia dell’Italia, e capire come la stampa svolse un ruolo capitale nelle vicissitudini dei migranti, non solo in quanto veicolo di informazioni ma anche in quanto protagonista nell’evoluzione sociale e politica delle varie comunità all’estero, paladina dell’italianità, e/o promotrice della naturalizzazione
Pensate di tornare ancora sull’argomento o reputate che a questo punto non vi siano nuove angolature da affrontare?
Il giornalismo italiano all’estero è un argomento molto ricco e vasto. Rimane da scrivere la storia della stampa italiana in molti paesi fra i quali l’Inghilterra, la Germania e la Francia. L’accesso sempre più facile alle testate grazie vari programmi di digitalizzazione dei giornali farà anche emergere nuove approcci. Poi c’è ancora da esplorare la dimensione “glocale” di questo giornalismo. Basta fare l’esempio del giornalismo calabrese all’estero che sorprende con la sua ricchezza di iniziative in tutto il mondo. Infine, ci sarebbe da studiare il giornalismo femminile, un fenomeno complesso e non sempre facile da rintracciare. Ma chi sa…