Joseph Tusiani tra le due sponde dell’oceano, a cura di Antonio Motta e Cosma Siani, “Il Giannone”, 5, 9-10 (2007) San Marco in Lamis, Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore “Pietro Giannone” – Centro di Documentazione Leonardo Sciascia/Archivio del Novecento, 2007, 401 pp.
Nei primi numeri di questa rivista abbiamo avuto modo di segnalare la ripresa d’interesse per gli autori di lingua italiana, che hanno vissuto e scritto negli Stati Uniti: talvolta nel loro idioma, talora in quello locale. In particolare abbiamo evidenziato l’importanza delle fatiche di Francesco Durante e di Martino Marazzi. Un altro inarrestabile lavoratore in questo campo è Cosma Siani, che da anni, anzi da decenni, si adopera per approfondire e diffondere la conoscenza di Joseph Tusiani. Assieme ad Antonio Motta in questo ponderoso numero monografico de “Il Giannone”, Siani propone un’antologia tripartita: i saggi letterari di Tusiani stesso; alcune sue traduzioni inedite; infine una serie di interventi sull’opera del critico-poeta di origine pugliese.
Attraverso le parole di quest’ultimo e i commenti ad esse dedicate vediamo smentito il cliché degli emigranti poveri e analfabeti. Tusiani, già prima di Durante e Marazzi che infatti gli dedicano in questo volume due sentiti omaggi, ha tenuto a sottolineare che oltre Atlantico si è sviluppato “un particolare tipo di sottobosco letterario […] – intendo dire quell’attività poetica in italiano e nei dialetti italiani per anni apparsa su periodici quali Il Progresso Italo-Americano, La Follia, La Lucerna e Divagando, per non citare che i maggiori di New York”. Tusiani non nega che molte di quelle opere erano semplice conseguenza della voglia di esprimersi e che di fatto avevano qualità meno che mediocri. Tuttavia sottolinea come quei “poetastri” furono capaci di creare una “atmosfera in qualche modo culturale”. Nei loro circoli si leggeva la loro poesia d’occasione, ma anche i classici della letteratura italiana. Inoltre alcuni di essi avevano iniziato a tradurre in italiano i capolavori della letteratura inglese e statunitense e a sentire il bisogno di confrontarsi con questa produzione.
Nello stesso saggio (Formazione di un poeta italoamericano) Tusiani a un certo punto racconta il caso di un emigrato pugliese che gli chiede d’introdurre la sua traduzione in foggiano dell’Inferno di Dante. E subito commenta: “Emigranti analfabeti? Non è vero. Quelli davvero analfabeti erano spiritualmente e mentalmente così demoralizzati e avviliti da non concepire neppure il bisogno di emigrare per un futuro migliore”. Ovviamente il caso del poeta è particolare, era già colto arrivando negli Stati Uniti, e tuttavia questo richiamo al fatto che non sono i più disperati ad emigrare è un qualcosa che potrebbe servire a tutti gli attuali cantori delle sventure migratorie italiane.
Non è questo che uno degli spunti che si possono desumere dai materiali riuniti da Motta e Siani. C’è molto altro, per esempio il singolare contrasto tra il suo inglese, talvolta volutamente attardato, ma comunque efficiente e un italiano in fondo polveroso, frutto non soltanto dell’emigrazione ma anche di una cultura peninsulare che faceva studiare (e che fa ancora studiare) la traduzione di Omero firmata da Vincenzo Monti. C’è inoltre l’impatto con una cultura inglese e statunitense, da Browning a Emily Dickinson, che giustappunto lancia il lettore ben oltre il neoclassicismo alla Monti, a tutt’oggi occhieggiante sotto tanti autori italici. Insomma questo fascicolo de “Il Giannone” non è soltanto l’occasione per entrare nell’officina di un poeta italo-statunitense, ma anche per pensare agli sviluppi della letteratura italiana.
Francesco Micelli e Javier Grossutti (a cura di), Conti e contadini a Colloredo di Monte Albano. Paesaggi e vita quotidiana nel Novecento, Colloredo di Monte Albano 2005, 158 pp.