In un convegno del 1990 Emilio Franzina tracciò il primo quadro generale sulla memorialistica italiana di matrice autobiografica relativa all’emigrazione. Il saggio, Autobiografie e diari dell’emigrazione, fu poi pubblicato negli atti a cura di Maria Rosaria Ostuni (Studi sull’emigrazione Un’analisi comparata, Milano, Electa, 1991, pp. 221-241). In esso Franzina evidenziava come i sociologi statunitensi prestino attenzione a queste fonti già nel primo Novecento, mentre gli studiosi europei li scoprono nel decennio 1960-1970 sullo slancio di una più generale riflessione letteraria sulla produzione spontanea, o “selvaggia” come era chiamata all’epoca. Gli storici arrivavano invece in ritardo persino sulla tardiva riscoperta e si appassionano a quei materiali solo quando comprendono che la loro lettura permette di ritrovare la voce delle classi subalterne.
Alla fine del suo intervento Franzina ricordava come non tutte le autobiografie di emigrati fossero state pubblicate e come molte di quelle inedite erano state raccolte nell’Archivio diaristico nazionale, fondato da Saverio Tutino a Pieve Santo Stefano nel 1984. Nei mesi precedenti il convegno, cui partecipò Franzina, due case editrici avevano in effetti pubblicato testi dell’Archivio diaristico nazionale: Pietro Riccobaldi, Straniero indesiderabile, Milano, Rosellina Archinto, 1988, e Raul Rossetti, Schiena di vetro, Torino, Einaudi, 1989. Inoltre nello iato tra il convegno e gli atti era apparso un terzo racconto autobiografico, presentato l’anno prima a Pieve Santo Stefano: Tommaso Bordonaro, La spartenza, Torino, Einaudi, 1991.
Proprio quest’ultimo era destinato a diventare una sorta di classico dell’autobiografia dei migranti, tanto da essere oggi riedito con un ricco apparato critico: prefazione di Goffredo Fofi, glossario di Gianfranco Folena (già nell’edizione del 1991), un’intervista inedita all’autore, un’appendice fotografica e una fascetta di Andrea Camilleri. Di questo autore è inoltre disponibile un’intervista sull’emigrazione siciliana e Bordonaro, registrata da Gaetano Savatteri a Roma, il 28 ottobre 2009, in previsione del convegno Raccontare la vita, raccontare le migrazioni organizzato nel centenario della nascita dell’autore (l’intervista e una trascrizione si possono consultare all’indirizzo http://www.vigata.org/bibliografia/laspartenza_int.shtml). Gli atti del convegno sono stati a loro volta raccolti da Santo Lombino e fanno da pendant al precedente Lasciare una traccia. Scritti su “La spartenza” con un’intervista a Tommaso Bordonaro, a cura di Nicola Grato e Santo Lombino, Palermo, Adarte Editore, 2009.
Il caso di Bordonaro, contadino del palermitano emigrato negli Stati Uniti a 38 anni, nel 1947, nasce soprattutto sul versante letterario e linguistico della meditazione italiana relative alle migrazioni: La spartenza è immediatamente discussa nella Storia della lingua italiana. Il Novecento di Pier Vincenzo Mengaldo, Bologna, il Mulino, 1994, oltreché avere attirato l’attenzione di Folena per l’impasto di dialetto, americanismi e italiano. Tuttavia, come suggeriva Franzina, anche gli storici hanno iniziato a interessarsi a questa produzione, così oggi Gibelli, notissimo studioso delle lettere e dei diari di emigranti soprattutto liguri, introduce il secondo volume di Antonio Sbirzola. Questi ha vinto il Premio Pieve nel 2006 con quello che diviene poi Un giorno è bello e il prossimo migliore. Un siciliano in Australia, Milano, Terre di mezzo, 2007 (prefazione di Melania G. Mazzucco). Diario di alcuni avvenimenti australiani a partire dal 1977, quando l’autore decide di realizzare down under il proprio sogno di costruirsi una grande casa, quasi una villa padronale. In realtà Sbirzola è arrivato in Australia molto prima, come rivela la recente pubblicazione di Povero, onesto e gentiluomo, un vero e proprio prequel. Qui alla giovinezza in provincia di Caltanissetta seguono gli anni di emigrazione a Genova (1958-1961) e quindi la partenza per l’Australia e le prime esperienze in Oceania.
Tutto sommato il modo migliore di utilizzare queste fonti è ancora sub iudice: sono infatti da ritenersi testimonianze brute? Ma in caso di cosa? Della coscienza dell’autore? E allora nel periodo raccontato o in quello nel quale racconta? Tuttavia è evidente come queste opere abbiano una loro importanza, storica e letteraria. Di conseguenza i lavori e le edizioni, o riedizioni, qui recensite hanno fatto innegabilmente avanzare la nostra conoscenza della questione.