Matteo Sanfilippo intervista Claudia Cucchiarato

Interviste

 

Matteo Sanfilippo

 

Matteo Sanfilippo intervista Claudia Cucchiarato

 

Nel nostro decennio la bibliografia sulla fuga dei cervelli italiani si è incrociata con quella sull’emigrazione dei giovani. Non abbiamo più quindi solitarie geremiadi, come ai tempi di Cervelli in fuga. Storie di menti italiane fuggite all’estero, a cura dell’Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani, Roma, Avverbi, 2001, e Claudia Di Giorgio, Cervelli export. Perché l’Italia regala al mondo i suoi talenti scientifici, Roma, Nuova Iniziativa Editoriale, 2003. Invece troviamo, da un lato, un forte interesse per le cosiddette skilled migrations, secondo la formula proposta da M. Carolina Brandi dell’Istituto di Ricerca sulla Popolazione e le Politiche Sociali: vedi il suo Portati dal vento. Il nuovo mercato del lavoro scientifico: ricercatori più flessibili o più precari?, Roma, Odradek, 2006, e il numero monografico curato assieme a Sveva Avveduto ed Enrico Todisco, Le migrazioni qualificate tra mobilità e brain drain, “Studi Emigrazione”, 156 (2004). Dall’altro, un discorso che non mira tanto a deprecare il fenomeno, quanto a comprenderlo storicamente: si confrontino Alvise Del Prà, Giovani italiani a Berlino: nuove forme di mobilità europea, “Altreitalie”, 33 (2006), pp. 103-125, e Nuove mobilità europee e partecipazione politica. Il caso degli italiani a Berlino, “Altreitalie”, 36-37 (2008), pp. 130-143, e Giovani oltre confine. I discendenti e gli epigoni dell’emigrazione italiana nel mondo, a cura di Cristiano Caltabiano e Giovanna Gianturco, Roma, Carocci, 2005. Certo molto spesso si finisce per ritornare alla lamentatio della perdita secca di intelligenza: Sergio Nava, La fuga dei talenti. Storie dei professionisti che l’Italia si è lasciata sfuggire, Cinisello Balsamo, San Paolo Edizioni, 2009. Tuttavia la curiosità dei singoli autori ha portato a fare molto di più. A interrogarsi per esempio sui fenomeni migratori connessi alla scelta di studiare all’estero: M. Carolina Brandi, L’emigrazione qualificata e la formazione all’estero, in Fondazione Migrantes, Rapporto italiani nel mondo 2006, Roma, IDOS, 2006, pp. 212-225. Inoltre a chiedersi chi siano e perche si muovano i giovani che costituiscono il nerbo di questi nuovi flussi.

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La Società “Dante Alighieri” e il 1911

Il Cinquantenario dell’Unità d’Italia (1911) e l’emigrazione

a cura di Giovanni Pizzorusso

Patrizia Salvetti

 

La Società “Dante Alighieri” e il 1911


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L’attività della Società “Dante Alighieri” nel 1911 fu in buona parte dedicata al cinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia, celebrato con grande solennità a Roma, dove si tenne per l’occasione l’Esposizione universale d’arte, che seguiva le esposizioni di Torino e di Firenze. Il 4 giugno fu inaugurato nella capitale il monumento a Vittorio Emanuele II, il Vittoriano, per onorare la Patria e il padre della Patria, il re Galantuomo sotto la cui guida si era compiuta l’unità mezzo secolo prima. È questo il motivo per cui, in questo clima in cui l’intera nazione celebrava i suoi successi e le sue conquiste, il massimo organo decisionale della Società, il consiglio centrale, decise di tenere a Roma, nella storica data della liberazione della capitale, il 20 settembre, il proprio congresso annuale.

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Le missioni cattoliche italiane all’estero: il caso della Consolata nella Somalia di Cesare Maria De Vecchi (1924-1928)

Daniele Natili

 

Le missioni cattoliche italiane all’estero: il caso della Consolata nella Somalia di Cesare Maria De Vecchi (1924-1928)

 

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1. – Il nuovo corso politico della Somalia

L’istruzione in Somalia era rimasta fino all’anno 1924 in una forma poco più che embrionale e non rispondeva neppure alle limitate esigenze della popolazione indigena e tanto meno di quella europea nonché bene inteso alla educazione di alcuno. Nei primi mesi del 1925[…]erano giunti in Somalia a sostituire la missione dei Trinitari i Padri della Consolata[…]. Si trattava di un ordine religioso di larga e ormai matura esperienza coloniale e in modo specifico dell’Africa Orientale: da esso si poteva attendere con assoluta fede ogni buona e intensa opera anche nel campo della educazione e della istruzione […]. Anche in questo, dunque, il Regime aveva, come si è visto, in poi, fatto compiere alla Colonia anche in questo campo i dovuti progressi1.

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Francesco Coletti e l’emigrazione

Il Cinquantenario dell’Unità d’Italia (1911) e l’emigrazione

a cura di Giovanni Pizzorusso

Andreina de Clementi

 

Francesco Coletti e l’emigrazione

 

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L’inizio del primo grande ciclo migratorio risaliva agli anni settanta dell’Ottocento, ma, doppiato il nuovo secolo, le grandi inchieste sociali dell’epoca continuavano a dedicare all’emigrazione italiana appena qualche sguardo frettoloso; soltanto dopo il primo decennio del Novecento fu possibile disporre di una intera monografia. La dobbiamo a Francesco Coletti.

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Amy Bernardy e il primo congresso di etnografia

Il Cinquantenario dell’Unità d’Italia (1911) e l’emigrazione

a cura di Giovanni Pizzorusso

Maddalena Tirabassi

 

Amy Bernardy e il primo congresso di etnografia

 

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Nel 1911, mentre tutti gli sforzi del giovane stato italiano erano concentrati sulle celebrazioni del primo cinquantennio della nazione per unificare anche culturalmente l’Italia – per portare a compimento cioè il progetto di “fare gli italiani” – un piccolo gruppo di intellettuali, radunati attorno alla scuola fiorentina di Lamberto Loria e Ferdinando Martini, introduceva in Italia l’etnografia1. La nuova disciplina si proponeva di studiare le molteplici tradizioni regionali e locali che costituivano i costumi popolari italiani. Un’operazione che, puntando l’attenzione più sulla diversità che sull’omogeneità italica, andava apparentemente controcorrente, ma che venne riassorbita nei decenni successivi nel discorso statuale. L’esame del ruolo di Amy Bernardy in questo processo consente di approfondire tale momento poco noto della storia italiana che tocca un nodo destinato a riproporsi fino ai giorni nostri.

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Mobilità dei confini e modelli migratori: il caso della Venezia Giulia

Modelli Regionali di Emigrazione

 

Franco Cecotti

 

Mobilità dei confini e modelli migratori: il caso della Venezia Giulia

 

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In molti dei saggi pubblicati nell’ “Archivio Storico dell’Emigrazione Italiana” viene rilevata la difficoltà di delimitare il fenomeno migratorio ad un ambito regionale, sia quando si fa riferimento ad una ripartizione amministrativa attuale, sia quando si prende a modello territoriale una regione storica. Spesso all’interno delle stesse regioni (amministrative o storiche) risulta più produttivo analizzare sub-aree con analoghe caratteristiche fisiche, come la montagna, la pianura e simili, che condividono condizioni culturali e demografiche piuttosto con altri territori, che non con quelli amministrativamente contigui.

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Appunti per una ricerca sui giornali nautici dei piroscafi italiani fra Otto e Novecento

Carlo Stiaccini

 

Appunti per una ricerca sui giornali nautici dei piroscafi italiani fra Otto e Novecento

 

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1. – Racconti di viaggio

Negli ultimi trent’anni il tema del viaggio per mare si è guadagnato uno spazio sempre maggiore nel campo degli studi sul fenomeno migratorio italiano. A partire dal pionieristico lavoro di Ercole Sori, dove forse per la prima volta si segnalava, pur senza farne uso, l’importanza dei documenti di bordo dei piroscafi per la ricostruzione storica delle migrazioni transatlantiche, diversi importanti lavori hanno via via esaminato gli aspetti legati al trasporto marittimo, alle compagnie di navigazione e più in generale ai risvolti economici e sociali legati al cosiddetto trasporto di emigrazione1. A questi studi, effettuati prevalentemente grazie a documentazione prodotta dalle autorità marittime, dalle prefetture e dai ministeri preposti alla regolamentazione dei trasporti via mare, si sono affiancati negli anni lavori incentrati sulla dimensione soggettiva del viaggio per mare. Questi ultimi hanno avuto come riferimento la produzione letteraria degli scrittori di professione, più o meno noti, che avendo vissuto in prima persona l’esperienza del viaggio transoceanico, si sono poi cimentati in quello che può considerarsi un vero e proprio genere letterario2; così anche la sterminata produzione autobiografica e memorialistica della gente comune che per motivazioni anche molto differenti si è trovata ad attraversare l’oceano, anche più volte, negli ultimi centocinquant’anni3.

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