“Dopo i russi gli italiani rappresentano la colonia cinematografica più forte di Berlino”, osserva Ferruccio Biancini su
Kines alla fine degli anni Venti
1. Qualche mese prima Raul Quattrocchi scriveva sul medesimo foglio: “I buoni film attualmente prodotti in Germania sono il 95% dovuti a
régisseurs italiani”. E’ palese l’esagerazione ed è facile cogliere nell’osservazione un sottotono nazionalistico e provocatorio, in cui è avvertibile un riflesso del dibattito che si sviluppa animoso sul finire del decennio intorno alla rinascita del cinema italiano. Al tempo stesso l’osservazione rimanda a un fenomeno che contrassegna significativamente la vicenda del cinema italiano lungo gli anni Venti, al quale la storiografia complessivamente si è poco interessata
2. Lungo gli anni ’20 sono numerosi i registi, gli attori, i tecnici che si trasferiscono all’estero; l’elenco è vasto e comprende molti fra i principali esponenti della produzione d’anteguerra. Il fenomeno è un riflesso della crisi in cui il settore precipita all’indomani della Grande Guerra, dopo il prestigio di cui il cinema italiano godeva nel mondo durante gli anni ’10.
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