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Le celebrazioni del cinquantenario e i prominenti italo-americani negli Stati Uniti

Il Cinquantenario dell’Unità d’Italia (1911) e l’emigrazione

a cura di Giovanni Pizzorusso

Stefano Luconi

 

Le celebrazioni del cinquantenario e i prominenti italo-americani negli Stati Uniti

 

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Come è noto, il plurisecolare ritardo nel conseguimento dell’unificazione politica italiana causò la sopravvivenza di marcate forme di campanilismo che gli emigranti portarono sovente con loro nelle terre di adozione1. La frammentazione della vita associativa delle organizzazioni etniche italiane negli Stati Uniti tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento offre un’illustrazione paradigmatica della permanenza di divisioni, basate sul senso di identità regionale, provinciale o addirittura locale, nei paesi di destinazione. Fino dalla sua costituzione nel 1905 l’Ordine Figli d’Italia in America accolse nelle proprie fila qualsiasi individuo di ascendenza italiana, a prescindere dal luogo di origine nella penisola2. Tale principio, però, costituì un’eccezione, anziché la regola, in gran parte delle società mutualistiche o ricreative che gli immigrati italiani fecero sorgere negli Stati Uniti nei decenni che precedettero lo scoppio della prima guerra mondiale. La maggioranza di queste organizzazioni, infatti, tendeva generalmente ad accettare come membri soltanto gli immigrati provenienti da una specifica regione, una particolare provincia o perfino un singolo centro, escludendo chiunque – ancorché italiano – fosse nato altrove3. Un’indagine del Ministero degli Affari Esteri riscontrò che nel 1910, nella sola città di New York, erano presenti ben 338 associazioni fondate da immigrati italiani4. La denominazione di quasi tutte si rifaceva a località della penisola oppure ai relativi santi patroni, a ulteriore dimostrazione della loro natura campanilistica. Come aveva osservato l’avvocato Gino Carlo Speranza solo pochi anni prima proprio per New York, “La separazione morale della vecchia penisola è trasportata qui; ogni provincia, ogni città, ogni villaggio ha una propria società e, sebbene tutte siano collocate sullo stesso piano e abbiano uno scopo simile, non si uniscono mai nelle loro iniziative e raramente fanno in modo di unire le forze dei loro membri”5. Gli fece eco da San Francisco il giornalista Carlo Andrea Dondero, che lamentò “il tanto sfoggio di Associazioni quanti sono […] gli alti campanili d’Italia – tutte lottanti una contro l’altra”6.

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L’epoca della Grande Emigrazione VI° Parte

I viaggi in Nord America di monsignor Pietro Pisani

Il 2 luglio 1908 il cardinale Raffaele Merry del Val annuncia al delegato apostolico Donato Sbarretti l’arrivo in Canada di monsignor Pietro Pisani, che deve indagare sulle condizioni degli immigranti italiani per esplicita volontà del pontefice1. Pisani è già un personaggio di rilievo tra gli studiosi cattolici dell’emigrazione. Nato a Vercelli il 15 luglio 1871 da Giuseppe Pisani e Luisa Minoglio ha studiato nel Seminario della città natale ed è stato ordinato sacerdote il 25 febbraio 1894. Dopo aver vissuto alcuni anni a Genova, dove si è laureato in Lettere il 2 luglio 1898, insegna dall’ottobre di quell’anno al Seminario Maggiore di Vercelli e accompagna l’attività di docente a quella a sostegno degli emigranti nelle nazioni limitrofe. A tal scopo, nell’agosto 1899, si è recato in Germania e in Svizzera. Rientrato in Italia, ha redatto un promemoria per l’episcopato italiano e ha inaugurato, nel gennaio 1900, una lunga carriera di conferenziere sui problemi dell’emigrazione. Nel marzo dello stesso anno si è incontrato con Ernesto Schiaparelli e assieme si sono recati a Cremona dal vescovo Geremia Bonomelli. Due mesi dopo, Pisani ha partecipato alla fondazione dell’“Opera di Assistenza per gli italiani emigrati in Europa” (che dal 1914 prende il nome dello scomparso Bonomelli). Nell’estate è tornato in Germania e in Svizzera, inviato dal vescovo cremonese. È entrato inoltre in contatto con il celebre economista cattolico Giuseppe Toniolo, che, nell’agosto del 1900 lo ha iscritto d’ufficio alla sezione italiana dell’Association Internationale pour la protection légale des travailleurs e nel dicembre gli ha chiesto di collaborare alla “Rivista Internazionale di Scienze Sociali e Discipline Ausiliarie” con una rubrica sugli italiani all’estero2. Nei dieci anni successivi l’attività di Pisani segue questa falsariga: lezioni al seminario e conferenze sull’emigrazione in varie città d’Italia durante l’inverno; viaggi all’estero durante l’estate, talvolta in compagnia di Schiaparelli o Bonomelli. Si reca così molte volte in Germania (1901, 1902, 1905, 1906) e in Svizzera (1901, 1902, 1906); visita inoltre Svezia e Danimarca (1902), nonché Francia, Inghilterra e Belgio (1903). Nel frattempo il suo interesse per l’emigrazione si arricchisce di una forte dimensione teorico-politica. Nell’estate del 1904 redige l’opuscolo I pericoli dell’emigrazione temporanea e ne discute con Schiaparelli e i cardinali Girolamo Gotti, prefetto di Propaganda, e Francesco Satolli, già primo delegato apostolico negli Stati Uniti. Nel 1905 partecipa alla costituzione dell’Unione Cattolica Piemontese, mentre a partire dal febbraio 1906 si incontra con Toniolo per fondare un’Unione Popolare modellata sulla tedesca Volksverein3.

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